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La Stampa – Mazzarri ricostruisce dalle macerie, l’Inter ha “gli occhi da tigre”

Francesco Parrone

Leggere il nome dell’Inter sulla vetta della classifica, seppur dopo appena 180 minuti e in coabitazione con quasi tutte le nobili truppe del campionato, dà il senso di un lavoro, quello di Walter Mazzarri, forse più avanti del...

Leggere il nome dell’Inter sulla vetta della classifica, seppur dopo appena 180 minuti e in coabitazione con quasi tutte le nobili truppe del campionato, dà il senso di un lavoro, quello di Walter Mazzarri, forse più avanti del previsto. Il voto altoagli insegnamenti dell’ex allenatore del Napoli a Cambiasso e compagnia nasce dal fatto che, oggi, dalle macerie di unasquadra si intravedono interessanti segni di ricostruzione: la prova del nove per capire dove potrà spingersi l’Inter inquesta stagione che vive di solo campionato è dietro l’angolo, quando, dopo la sosta per le fatiche della Nazionale, a SanSiro sbarcherà la Juve. Piccoli, ma significativi progressi.

L’Inter si presenta a Catania quasi con la stessa veste dell’esordio in campionato di una settimana prima contro il Genoa, unica eccezione (non da poco) Kovacic al posto di Kuzmanovic, almeno fino a quando la schiena dolorante non farà alzare bandiera bianca al giovane croato (al suo posto entrerà Taider). Risultato? A cambiare è la facilità di manovra di un gruppo, quello nerazzurro, che sembra avviato a dimenticare i tremori della passata stagione: la palla scorre fra i centrocampisti senza particolari intoppi e, dalle fasce, arrivano le idee che servono per innescare Palacio ed Alvarez là davanti.

Mazzarri si muove davanti alla panchina come ai tempi di Napoli e i suoi ragazzi lo seguono. C’è cattiveria, quellaconsentita, nei contrasti e c’è la volontà di ripartire senza rimanere ostaggio delle controffensive avversarie perché quando si distende l’Inter attacca senza freni. A guardarla dall’alto, la comitiva interista non è esente da crepe o amnesie, ma, finalmente dopo un lungo periodo buio, dà la sensazione di non muoversi a caso.

A Catania spesso si inciampa perché, da queste parti, non tradiscono mai nel momento di scegliere giocatori, quasitutti argentini, ed allenatori, ma, quest’anno, nel rivoltare la squadra la società potrebbe aver corso il rischio di perderela propria specifica identità con gli adii di Lodi, Gomez e, ieri, di Barrientos. A brillare rimangono gli schemi dell’abiletecnico etneo Maran e, per questo motivo, la prestazione dell’Inter acquista un peso specifico comunque di rilievo.Nagatomo e, soprattutto, Jonathan non tolgono mai il piede dall’acceleratore sulle corsie esterne, Alvarez come puntaatipica convince, Palacio è già in forma (per lui sono quattro le reti in tre sfide fra campionato e Coppa Italia).

In difesa, Ranocchia deve ancora crescere, Juan Jesus lo ha già fatto: in porta Handanovic dà sicurezza, là in mezzo Cambiasso ringhia come ai vecchi tempi. Tradotto: c’è ancora molto da lavorare, ma l’anno zero nerazzurroè partito secondo i migliori auspici. Curiosa è la lista dei bomber interisti di questa avventura in campionato. Con il Genoa a segno andarono Nagatomo e Palacio in ordine, ieri, ai piedi dell’Etna, sono stati prima Palacio e, poi, Nagatomo a portare i nerazzurri sul 2 a 0 prima dell’acuto finale di Alvarez. Stessi nomi, dunque, per il secondo successo, il primo di Mazzarri a Catania dopo otto tentativi da quando di professione fa l’allenatore. L’Inter, in attesa di decifrarne il destino, ha ritrovato gli occhi da tigre.