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Guai a dirlo ad Antonio Conte, ma il verdetto dell’Olimpico di ieri sera offre alla Juve prima della classe l’assist per vivere con meno apprensione la notte della sfida di San Siro con il Milan. La Roma era chiamata a provare lo scatto, la missione è fallita per i meriti dell’Inter e per i demeriti di una squadra giallorossa apparsa stanca, se non nel fisico, nella testa. De Rossi (da cancellare la doppia manata del centrocampista sul volto di Icardi che potrebbe costargli anche tre giornate di stop) e compagni giocano meno dei rivali bianconeri, ma, alla lunga, inseguire senza cedimenti di chi ti sta davanti logora più delle fatiche del campo. Il condottiero nerazzurro Mazzarri ha più di un motivo per inserire quella di ieri fra le prestazioni più convincenti della sua prima avventura sulla panchina dell’Inter: la lezione dell’andata quando i giallorossi sbancarono San Siro per 3 a 0 è stata metabolizzata e le contromosse messe in atto ieri dal tecnico interista lo hanno dimostrato.
L’Olimpico semivuoto è stato uno spettacolo mancato: tre i settori dello stadio chiusi, le due curve e i distinti, per colpa dei cori anti-napoletani. Da fuori arriva il rumore della contestazione degli ultras: scoppi, petardi e fumo sopra la tribuna Monte Mario. La Roma sembra risentire di un clima a metà. Non c’è Totti, Pjanic è panchina al momento del via (il bosniaco entrerà ad inizio ripresa): così, in campo, non si vede la solita luce nelle trame d’attacco perchè il centrocampo di Garcia è più muscolare del solito e, là davanti, non c’è chi possa accendere la manovra fra le due linee per innescare Destro o Gervinho. L’Inter disegnata da Mazzarri presenta una novità annunciata di gran peso. In attacco, a far compagnia all’inesauribile Palacio, non è Milito, ma il giovane Icardi: il baby bomber sudamericano ha una gran voglia di spaccare la notte in due, si muove come un pendolo, dà fiato alle ripartenze nerazzurre. La truppa interista appare ben equilibrata perchè gli spazi fra i reparti sono strettissimi e perchè solo in rare occasioni il centrocampo lascia al proprio destino la retroguardia. L’unica demerito di Guarin e soci è quello di perdersi nell’attimo dell’ultimo passaggio, il colpo che possa aprire e mettere in ginocchio la coppia dei centrali giallorossi Benatia e Castan.
Il fischietto di Bergonzi è fin troppo ballerino, ma per il direttore di gara non è una serata facile a livello ambientale: a Roma, gli arbitri sono nel mirino dei tifosi (ieri è andata in scena una manifestazione di protesta davanti alla sede della Figc di un centinaio di ultras) e ogni decisione del direttore di gara scatena il finimondo sulle poche tribune aperte dell’Olimpico. La squadra di Mazzarri si è avvicinata, per atteggiamento e continuità, alla versione messa in scena a Firenze quando riuscì ad imporsi nel gioco e nel risultato: era quello che l’allenatore toscano chiedeva alla tappa romana, una risposta su cui costruire l’ultima parte di stagione. Garcia e i suoi ragazzi hanno pagato anche il fatto di giocare in uno stadio, per lunghi tratti, cattedrale nel silenzio: l’allenatore francese, alla vigilia, aveva parlato di una trappola in più per la sua squadra il dover scendere in campo con gli metà spalti chiusi e, ieri, la Roma non ha avuto la spinta del suo pubblico nella notte meno brillante degli ultimi tempi.
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