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La Stampa – Squadre di vertice sempre più esterofile. Nazionale più lontana, anche la Juve…

Sospesi tra un’amichevole e l’altra degli azzurri e in attesa della ripresa della Serie A, forse è il caso di chiedersi se abbia ancora senso parlare di Nazionale figlia del campionato. O meglio: che nesso c’è tra un torneo appassionante...

Francesco Parrone

Sospesi tra un’amichevole e l’altra degli azzurri e in attesa della ripresa della Serie A, forse è il caso di chiedersi se abbia ancora senso parlare di Nazionale figlia del campionato. O meglio: che nesso c’è tra un torneo appassionante ma con al vertice chi ha l’85% di titolari stranieri e un’ Italia fatta in maggioranza da emigrati e da uomini di Juve e Milan, big staccate in classifica? 

E Florenzi restò solo - Lo scollamento, ormai, è evidente. Mica solo perché ai club la Nazionale dà sempre più fastidio. Conte si lamenta dello scarso spazio concesso a chi potrebbe convocare e la risposta è uno sberleffo: giocano sempre più stranieri. O, come minimo, occupano i posti più importanti. Lottano per lo scudetto, insomma. Nemmeno ai tempi del filotto dell’ Inter di Mancini e poi di Mourinho s’era registrata un’abbuffata del genere di quote estere tra le prime della classe. Sotto i nerazzurri, almeno, si piazzavano squadre con gradazioni di azzurro spesso accentuate. Prendete invece l’ Italia che venerdì ha perso in Belgio: delle quattro in lotta per il titolo ha giocato soltanto il romanista Florenzi. E in panchina sono rimasti Astori della Fiorentina e Gabbiadini del Napoli.

Scelte al ribasso - Tre su 28 convocati. Un rapporto non di molto inferiore a quello degli italiani impiegati dal poker che comanda la A: 16 su 88. Ed è giusto sottolineare come nel numero siano compresi anche il giovane portiere viola Lezzerini, subentrato contro il Frosinone in tempo per incassare il 4-1, più l’interista Ranocchia e lo stesso Gabbiadini, partiti una sola volta dal 1’. Conte, insomma, ha poco da scegliere tra l’élite del campionato. Potrà aggiungere al massimo De Rossi e Pepito Rossi, quando torneranno al top, e Insigne, se capirà come ci si comporta con l’azzurro. E, magari, darà un’altra chance a Santon e promuoverà un Bernardeschi in continua crescita. Poi, davvero, stop. Perché lassù, per il momento, il campionato se lo stanno giocando Handanovic e Gervinho, Ilicic e Higuain, Medel e Pjanic, Borja Valero e persino Koulibaly. Che senso può avere, per un ct, andare a vedere un big-match di campionato quando, come succede ormai regolarmente, in campo si vedono solo giocatori «non eleggibili»? In questo torneo, tutte le prime quattro hanno già iniziato una partita con un en plein di stranieri titolari. E soltanto Fiorentina e Napoli in una sola occasione sono scese a sette, dando spazio dal 1’ a ben quattro italiani.

Resistono Sassuolo e Milan - Il grave, in ottica azzurra, è che persino le panchine trasudano esterofilia. È un trend che non è riuscito ad arrestare nemmeno la (molto blanda) regola sulle rosa da 25 con un minimo di «cresciuti in casa». Nella prima metà della graduatoria resistono due sole realtà a maggioranza autarchica: Sassuolo e Milan. Persino la Juve, che all’inizio del ciclo d’oro targato Conte era l’orgoglioso emblema del calcio tricolore, dalla scorsa stagione ha cambiato sponda. Continua a fornire la difesa all’ Italia, ma dalla cintola in su ha perso la sua caratterizzazione. E in questa stagione è scesa sotto i sei titolari stranieri soltanto una volta, guarda caso contro l’Internazionale che porta già nel nome il suo orientamento. Un’apertura verso il mondo che riflette i tempi ma allontana sempre più la Nazionale dal campionato di riferimento.