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La strana definizione di Libero: “Il Mazzarriano Vidic in panca, Kovacic liberato”

Scomodando Bertold Brecht, beato quel derby che non ha bisogno di eroi. In uno degli anni più difficili della storia recente, alla stracittadina di Milano non resta che affidarsi ai due fenomeni della panchina. L’acclamato Roberto Mancini e...

Francesco Parrone

Scomodando Bertold Brecht, beato quel derby che non ha bisogno di eroi. In uno degli anni più difficili della storia recente, alla stracittadina di Milano non resta che affidarsi ai due fenomeni della panchina. L’acclamato Roberto Mancini e l’amatissimo Filippo Inzaghi, due volti che rievocano altri tempi e altri successi: quanto basta per sorridere. Tocca ai due mister oscurare dunque le considerazioni surose non di primissimo livello, moduli cangianti e tattica tutta da scoprire. Parte prima Mancini in una sala stampa «normalizzata» dopo il pienone della presentazione. «L’emozione c’è sempre, anche se torni in un posto dove sei già stato. E in fin dei conti è il bello di ciascun mestiere», esordisce lo jesino. Poi subito al «lavoro»: «Non sono abituato a lottare per il 3Ëšposto e questo mi demoralizza un po’. La classifica non bisogna guardarla ora, ma tra qualche mese». Messaggio a giocatori e società, poi al rivale: «Gli allenatori giovani pensano di sapere già tutto: ma serve tempo». Risponde Inzaghi in una Milanello gremita di cronisti, in  particolare orientali che dovranno però quasi certamente rassegnarsi a vedere Honda in panchina nel tanto atteso «derby giapponese» con Nagatomo. «Il mio derby più amato? Il primo, quello di Champions, ma anche quello del 4 maggio 2008 vinto con gol mio e di Kakà». Che fosse anche l’ultimo del Mancio da allenatore dell’Inter non èuna coincidenza. 

Se il nerazzurro fa pesare i suoi precedenti da tecnico, il rossonero risponde ancora con il curriculum e l’animo di quando era calciatore: «I derby non si giocano, si vincono», dice da padrone di casa per invocare i tifosi del Diavolo all’adunata, «visto come si sono allenati i ragazzi, sarà difficile essere più forti di noi». La stracittadina però potrà vincerla solo il Pippo-mister alle prese con la sciagura del ko di Alex (lesione muscolare, terzo stop per il brasiliano in pochimesi) dopo quelli di Abate e De Jong. Con Rami provato a destra, Zapata dovrebbe finire al centro della difesa per non cambiare gli equilibri. Montolivo è convocato, ma in campo ci vanno Muntari ed Essien dietro ai «fantastici 4»: Bonaventura, El Shaarawy, Menez, Torres. La posizione? «Ho provato a migliorare il 4-2-4, ma il 4-3-3 lo sappiamo fare bene: vedremo» dice il (pre)tattico Inzaghi caricando di responsabilità il suo centravanti: «Torres? Mi auguro che si sblocchi, è uno che ci può trascinare ai vertici. Spero che sia la sua partita». Inter tutta nuova per Mancini, «ma non conta se si gioca a tre o a quattro dietro, conta l’atteggiamento. Vorrei vedere che siamo in grado di giocare da squadra, neimomenti buoni emeno buoni della partita».

Intanto al centro ci vanno Ranocchia e Juan Jesus (con il «mazzarriano» Vidic in panca), sulle ali Nagatomo e Dodò che dovrà impensierire l’improvvisata catena di destra del Milan. Guarin-M’Vila-Kuz il centrocampo in attesa di provare Hernanes (in panchina) come vertice basso del rombo. Attacco Palacio-Icardi (Osvaldo scalpita) innescati da un Kovacic finalmente «liberato» da trequartista: «Farà degli errori, lo aiuterò a migliorarsi anche sottoporta. Ha dribbling e tiro, può incidere di più». Inzaghi punta sul suo 9, Mancini scommette sul suo 10: poteva essere diverso? Intanto la cornice sarà sontuosa: 79.173 spettatori, incasso record per una partita di campionato di 3.324.594 euro. Il tutto favorito da un accordo fra le società. Molti abbonati del Milan del 2Ëš anello verde si sono spostati in altri settori pagando una integrazione, c’è stato un aumento concordato con l’Inter del prezzo del settore ospiti, e meno omaggi distribuiti. Tutto fa derby.