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Tra la sosta attuale e quella di settembre sembra essere passata una vita. Perché il Lautaro del mese scorso era un attaccante in crisi di gol e di condizione: per l’Inter si era fatto in quattro tagliandosi le ferie ma aveva pagato lo scatto fermandosi per un affaticamento, mentre sotto porta era uno strazio. Il c.t. Scaloni gli aveva dato fiducia schierandolo titolare contro Cile e Colombia ma Lauti faticava anche in nazionale: né reti né assist, come in nerazzurro. Il Toro che oggi lavora a “casa Messi”, invece, è un giocatore col sorriso. La doppietta di Udine è servita a rompere il ghiaccio, la rete alla Stella Rossa — la prima in Champions, da subentrato — ha lanciato un paio di messaggi interessanti. Primo, quando il 10 interista sta bene è in grado di fare la differenza anche in corsa, come ai tempi della tripletta di Salerno dopo essere partito in panchina; secondo, quella fascia da capitano indossata ormai da due stagioni ha restituito all’Inter un campione totale, che interpreta il ruolo con la maturità dei saggi: Taremi, che ha festeggiato il primo centro in nerazzurro grazie a un rigore conquistato e poi ceduto proprio da Lautaro, ne sa qualcosa.
"Il prossimo step, allora, è tenersi stretto nell’Argentina quello status da indispensabile che il trionfo in Coppa America gli ha consegnato questa estate. Segnando ancora, logicamente, per sé stesso e per la storia: dal 2018 a oggi, Lautaro in nazionale ha fatto 29 gol in 66 partite. È l’ottavo miglior marcatore di sempre nella storia della Seleccion, ma la scalata è alla portata: Higuain e Di Maria distano un paio di reti, sua maestà Maradona è a quota 34. Se il Toro con l’Argentina darà continuità agli ultimi gol in nerazzurro, il sorpasso sarà solo questione di partite. Lautaro potrà accomodarsi tra i primi cinque, nell’elite dei cannonieri dell’Albiceleste, e ripetere con orgoglio quelle parole dette sul Pallone d’oro 2024", sottolinea Gazzetta.
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