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Come si può fare questo passo decisivo?
«Secondo me avevamo le qualità anche nella stagione scorsa, ma è mancata l’ultima aggiunta di mentalità. Il nuovo allenatore la può portare. Ciascuno sa cosa significhi giocare per il Toro, c’è un’opportunità gigante per ognuno per migliorare, per mostrare calcio attraente, di successo: è il nostro traguardo e ne abbiamo le possibilità».
Come è uscito dal suo periodo buio per ritrovare la serenità attuale?
«Non è stato facile: ho avuto una carriera rapida, a 16 anni ero già professionista a Salisburgo, poi la Bundesliga, quindi l’Inter e poi la frenata: non giocavo e sono iniziati i prestiti. Era dura, mi sono fatto aiutare da un mental coach, non mi sono mai arreso e non ho smesso di credere nelle mie qualità. Ho aspettato la mia chance, ho trovato una squadra come il Torino dove posso giocare a lungo. Ha funzionato e sono molto riconoscente alla società, voglio restituire tutto sul campo, per il club e i tifosi».
Ma lei preferisce giocare a destra o a sinistra?
«Ho giocato dappertutto: destra, sinistra, davanti o dietro. Seguo l’allenatore. A destra è un po’ più semplice crossare subito, a sinistra devo rientrare. Ma posso far tutto. Se fossi allenatore mi metterei forse a destra, ma va bene anche cambiare».
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