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Il Mancio-bis all’Inter inizia ufficialmente alle 14.12. Roberto Mancini entra in una sala stampa mai così gremita dai tempi di Mourinho, completo blu, camicia bianca, fazzoletto nel taschino, la parola d’ordine è sempre la stessa, eleganza. Lo accompagnano Ausilio, Fassone e Bolingroke, insieme a lui mostrano una maglietta con il numero 226, che se sommato fa 10, ma soprattutto è il numero di panchine in nerazzuro del tecnico. Per primo prende la parola l’ex United, facendo intuire chi comanda quando Thohir non c’è. Poi è il turno del Mancio, sorridente, posato, come se fosse di nuovo a casa sua. L’aria intorno all’Inter è nuova, lo stress se ne è andato. Nessuna parola fuori posto, solo una viene ripetuta quasi ossessivamente, «vincere». «Tocca a noi riportare entusiasmo, portare i tifosi allo stadio e tornare a vincere». «Non ho la bacchetta magica, ma si può tornare a vincere attraverso il lavoro e il bel gioco».
«Dopo il 2004, quando sono arrivato qui per la prima volta, sono seguiti annimolto importanti, ora dobbiamo essere capaci di ricominciare a vincere».«Dobbiamolavorare e tornare a vincere in fretta». «Sono contento di essere tornato, spero di poter dare una mano all’Inter a vincere». Il concetto è chiaro. Il resto poi è contorno, da Kovacic («può diventare un campione») a Thohir («è una brava persona»), per chiudere sulla tattica: «Difesa a 3 o a 4? Vedremo, devo conoscere i giocatori». Una piccola bugia, o altrimenti li ha conosciuti molto bene, dato che nel primo allenamento si è già visto il 4-3-1-2. Poche le indicazioni, se non un accenno di formazione, con Nagatomo, Vidic, Juan e Dodò (o D’Ambrosio) in difesa, Guarin, M’Vila e Obi (o Khrin) a metà campo, poi Palacio dietro Icardi-Osvaldo, ma ci sono da considerare le tante assenze. Squadra non completa così come non è ancora completo lo staff: il vice dovrebbe essere Adani, tornano i fedelissimi Salsano, Carminati (preparatore atletico) e Nuciari (preparatore dei portieri). Tra una new entry (il portoghese Josè Duquè, ex City) e una possibile conferma (Santoro come team manager), c’è l’addio pesante di Beppe Baresi che non farà più parte dello staff dell’allenatore. Notizia a cui non ha reagito benissimo la figlia dell’ex bandiera nerazzurra, che ha commentato su Twitter con un laconico «bentornato un ca..o», riferito a Mancini.
Gli unici assenti ad Appiano sono stati i due veri artefici dell’operazione che ha riportato l'entusiasmo tra i tifosi, cioè Erick Thohir e Massimo Moratti. Difficile dire di chi sia stato il merito, sicuramente la spinta maggiore è arrivata dall’ex patron, alle cui idee poi il tycoon indonesiano si è convertito. Facendo però allo stesso tempo storcere il naso a quei tifosi che per mesi si sono sentiti dire «non ci sono i soldi». In realtà cisono, ma la scelta di Mancini (che costerà in totale circa 19,5 milioni di euro) resta un piccolo azzardo legato ai risultati: adesso dovranno arrivare davvero, perché il progetto di risanamento non prevede ulteriori soste. Tradotto, è vero che il bilancio l’anno prossimo tra addii dei senatori e ricavi maggiori prevede un certo margine di manovra, ma l’approdo in Champions sarà fondamentale, come confermato dallo stesso Mancini: «Il terzo posto è dove vogliamo arrivare». Per questo a gennaio il portafoglio nerazzurro si riaprirà pesantemente sul mercato, su chiara indicazione del tecnico. Thohir si sta già preparando, stavolta però ci sarà anche la mano di Moratti.
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