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Libero – Capitani coraggiosi: Ambro l’epurato, Zanetti l’eterno…

Francesco Parrone

«C’è solo un capitano», cantano da sempre i tifosi di ogni squadra e latitudine. A Milano, però, il coro divenuto realtà. Perché nella capitale del calcio italiano di bandiera ne resta una sola. «È con soddisfazione e...

«C’è solo un capitano», cantano da sempre i tifosi di ogni squadra e latitudine. A Milano, però, il coro divenuto realtà. Perché nella capitale del calcio italiano di bandiera ne resta una sola. «È con soddisfazione e orgoglio che FC Internazionale comunica di aver prolungato di un anno il contratto di Javier Zanetti»: bastano poche parole per cambiare la storia del calcio meneghino. I nerazzurri rinnovano l’accordo a «Pupi» dopo nonostante il grave infortunio al tendine d'Achille: festeggerà i 40 anni in ritiro e diventerà «maggiorenne» il prossimo anno completando la sua 18esima stagione nerazzurra. Si ferma invece a 17 - 16 in realtà per l’anno di prestito al Vicenza – la striscia rossonera del dirimpettaio rossonero, Massimo Ambrosini: «Non gli rinnoveremo il contratto, le nostre strade si separano», il freddo annuncio di Adriano Galliani dalla crociera societaria, «se Abbiati è d’accordo il prossimo capitano sarà Montolivo».

Nell’epoca dei grandi tagli, dunque, le strade rosso-nerazzurre si dividono. Dopo essersi sbarazzata con pochi complimentidi Julio Cesar, Maicon, Thiago Motta, Sneijder e (quasi Stankovic), l’Inter si ferma davanti ai mostri sacri: MilitoCambiasso dovranno spalmare, ma per Zanetti c’è sempre un contratto in bianco. Anche perché sa accontentarsi. Come Ambrosini, ma per lui non c’è un’ultima firma in via Turati. Il Milan 2.0 inaugurato dall’estate dei grandi addii – da Gattuso a Seedorf fino a Thiago Silva Ibrahimovic – non bada più ai sentimentalismi. E se perfino un giovane campione come El Shaarawy finisce sul mercato («non è incedibile», parola dell’ad), si può persino dire addio al capitano di mille battaglie.

Che forse paga anche l’essersi schierato sempre al fianco di Max Allegri anche nei momenti più difficili. Dieci allenatori, quattro scudetti e due Champions League per Massimo. L’ultima festeggiata con quel cartello che tanto era piaciuto ai tifosi rossoneri quanto era rimasto indigesto agli interisti («Lo scudetto mettilo nel c...»). Perché per Ambrosini ci sono state solo due cose negli ultimi 17 anni: il Milan e il basket. E il 23 non era a caso il numero di Michael Jordan. Tanti trionfi e qualche rimpianto per i troppi infortuni che ne hanno rovinato gli anni migliori della carriera, ma ne hanno paradossalmente allungato la carriera. E a 36 anni la serata da eroe di San Siro contro il Barcellona resta l’immagine di un grande campione migliorato come il vino anno dopo anno.

L’ultimo gladiatore se ne va. E lo fa col botto, senza aspettare di essere lontano per le recriminazioni. «Massimo ha aspettato il Milan fino alla fine, non è stata una scelta consensuale. Lo ha deciso la società in maniera unilaterale», accusa a «Radio sportiva» l’agente Moreno Roggi, «dopo Siena venne chiamato Bonera per rinnovare il contratto, e subito dopo anche Abbiati. Quindi già si sapeva che Massimo non avrebbe rinnovato. Poteva essere data con maggiore riguardo verso chi è stato il capitano del Milan».

Ma Massimo ha ancora voglia di combattere: «Ora Ambrosini è un giocatore libero sul mercato, che sta bene e può scegliere. Moralmente si sente libero di andare dove vuole», annuncia il procuratore, «piace al West Ham e negli Usa, ma quest’ultima prospettiva non interessa al giocatore. La Fiorentina? Solo voci». Solo sorrisi invece sull’altra sponda del Naviglio: «Abbiamoparlato a lungo dell’infortunio e abbiamo deciso di fare un altro anno insieme», spiega Zanetti ai suoi tifosi (ma anche a tutto il calcio italiano), «hanno dimostrato ancora una volta di credere in me e nella mia passione per l’Inter. Sto facendo di tutto per guarire bene, mi dovrete sopportare un altro anno...». E sarà un piacere, capitano di Milano.