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Libero – Ecco Erick Thohir, il Berlusconi orientale che ha studiato negli States…

Francesco Parrone

«#ForzaInter #amala» twittava il 31 maggio Erick Thohir, uscendo ufficialmente allo scoperto, lui che da sempre predilige fare affari a luci spente e condurre il gioco senza clamore. È il suo marchio, «divertirsi a realizzare...

«#ForzaInter #amala» twittava il 31 maggio Erick Thohir, uscendo ufficialmente allo scoperto, lui che da sempre predilige fare affari a luci spente e condurre il gioco senza clamore. È il suo marchio, «divertirsi a realizzare l’impossibile», unito auno spiccato pragmatismo e al comandamento che le sue aziende devono funzionare come orologi svizzeri. Nato il 30 maggio 1970, sposato con Elizabeth, Erick viene descritto come padre affettuoso e presente per i suoi quattro figli. Evidente retaggio di quanto successo a lui e al fratello Garibaldi (per «Forbes» il 1250° uomo più ricco del mondo e 19° in patria, in estate a Milano e scambiato proprio per Erick), il cui motto è «mai giocare da soli, ma avere sempre partner affidabili con cui gestire i propri business». Un insegnamento imparato da papà Teddy, proprietario della Astra International, storica azienda partner di marchi importanti dell’automobile quali Toyota, Peugeot e Daihatsu e con interessi anche inattività minerarie, servizi finanziari, agricoltura, infrastrutture, informatica. 

Nel 2012 ha fatturato quasi12 miliardi di euro, un utile di 1,38 miliardi (fonte Bloomberg) e ha dato lavoro a 123.919 persone. C’è questo impero a garanzia dei movimenti di Erick, a sua volta numero uno del gruppo Mahaka Media, fondato nel 1993 (insieme all’altro socio nerazzurro Handy Soetedjo) che fattura circa 300 milioni (fonte Reuters). Diverse radio, tre televisioni gestite con il socio Anindya Bakrie, riviste sportive, società pubblicitarie, di ticketing e dell’editoria, fra cui spiccano un quotidiano in lingua cinese e Republika, il giornale più importante del Paese e voce dei musulmani moderati. Un impero mediatico fondamentale lo scorso anno durante la tournée estiva dell’Inter in Indonesia, dove i sostenitori nerazzurri superano i due milioni e sono il primo tassello del grande piano di marketing che domina l’intera operazione.

Ma occhio a immaginare fra qualche mese un muezzin a fare propaganda al posto dello speaker del Meazza, è troppo semplicistico. Di famiglia cinese-indonesiana, com’è tipico dell’élite di Giakarta che controlla l’economia del Paese, l’educazione di Thohir ci racconta infatti di un grande mix di culture, legami, amicizie, dato che si è laureato in economia alla Glendale University in California ed ha preso un Master alla National University di Los Angeles. È negli Usa che ha iniziato a trasformare la propria passione per gli sport americani in business, diventando co-proprietario della storica franchigia di basket dei Philadelphia 76ers con il 15% delle quote (che avrebbe messo in vendita per re-investirle nell’Inter). Oltre ad essere proprietario di un paio di squadre del suo paese (i Satria Muda BritAma Jakarta e gli Indonesia Warriors), presidente della Federazione di pallacanestro del Sud-Est asiatico ed essere stato capo delegazione per l’Indonesia alle Olimpiadi di Londra.

E là negli Usa, che si è avvicinato al calcio acquisendo il D.C. United (aveva promesso il nuovo stadioma ancora non si è visto) ed è sempre là, negli Usa, che ha affinato la via indonesiana del fare affari, alleandosi con Thomas W. Shreve,avvocato statunitenseche vive dal 1991 in Indonesia dove gestisce la Recapital Advisors, società miliardaria fondata da Rosan Roslani, fidato alleato di Thohir anche nell’avventura meneghina. Ricordiamo il nome di Shreve, insieme a Ghelfi sarà lui il ministro delle finanze interista, è insieme a loro che Thohir simetterà alla prova per realizzare veramente l’impossibile: fare quattrini col calcio italiano, senza però spendere e spandere come gli sceicchi di Psg e Man City. Da «amala» a «menyukainya», il primo passo è stato fatto.