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Licari (GdS): “Le mosse di Inter e Juve fanno bene anche a Spalletti. Il Milan…”

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Fabio Licari, giornalista de La Gazzetta dello Sport, ha voluto porre l'attenzione sul tema italiani di Inter e Juventus
Matteo Pifferi Redattore 

Fabio Licari, giornalista de La Gazzetta dello Sport, ha voluto porre l'attenzione sul tema italiani di Inter e Juventus:

"La percentuale di azzurrabili che ci ritroviamo oggi in campionato, poco sopra il trenta per cento, non è soltanto una bella complicazione per i poveri c.t. al momento delle convocazioni. Ha di fatto cancellato dal nostro vocabolario i vecchi e cari “blocchi” della Nazionale. E non è neanche il caso di farsi venire nostalgie: il pallone ha preso un’altra direzione dovunque, non c’è selezione top che possa proporre un’identità in comune con il campionato, e l’Italia non può essere un’eccezione. Altro che blocchi dai sincronismi consolidati: oggi è indispensabile il mosaico.


Sembra però in atto una riscoperta intelligente del patrimonio italiano in alcuni grandi club. Specialmente Inter e Juve. La prima con sei azzurri più o meno fissi nelle liste di Mancini e Spalletti, l’altra con la meglio gioventù che, nell’emergenza, si sta facendo bella. Evitiamo la facile equazione tra italianità e primi posti in classifica, a facile rischio smentita. Ma c’è del vero nell’allarme lanciato da Sacchi sul Milan: non è escluso che, tra le cause del momento difficile, ci sia anche il ricorso a troppi, e nuovi, stranieri che faticano ad adattarsi velocemente.

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Il blocco della Juve di Trapattoni, arricchito dal Torino di Radice, ha fatto bella (e vincente) l’Italia di Bearzot nel ‘78: forse il miglior calcio azzurro del dopoguerra. Bianconero anche il blocco con i sei campioni del mondo di Spagna 82, più Conti, Collovati, Oriali, Antognoni e Graziani. Indimenticabile il gruppo Milan con il quale Sacchi raggiunse la finale a Usa 94. C’erano cinque juventini a Berlino 2006 con Lippi: Buffon, Cannavaro, Zambrotta, Camoranesi e Del Piero, titolare aggiunto in un calcio da turnover. Più patchwork l’Italia di Mancini campione a Wembley: Bonucci, Chiellini e Chiesa componevano la molto relativa maggioranza juventina. Lontanissimi sono i tempi in cui, più che di blocco, si poteva parlare addirittura di club trapiantati in Nazionale: nel successo storico del ‘78 contro l’Argentina padrona di casa, Bearzot cominciò con i soliti otto juventini (Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Benetti, Tardelli, Causio e Bettega) ma, dopo una manciata di minuti, Cuccureddu, anche lui bianconero, sostituì Bellugi ko. Il Grande Torino, il 10 maggio 1947, prestò a Vittorio Pozzo dieci granata nel 3-2 all’Ungheria. Quei giorni non torneranno più.

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Storicamente la Juve ha sempre avuto un’anima “italiana”. Quest’anno Allegri, un po’ per necessità ma anche per scelta tecnico-filosofica, ha dato una forte impronta di italianità. Chiesa, Locatelli e il “revenant” Kean sono nomi fissi nella lista di Spalletti che, a ottobre, ha inserito anche Gatti. L’elenco potrebbe presto ampliarsi. Uno dei candidati è Miretti che, forse lo dimentichiamo, ha appena compiuto vent’anni. Per ora serve all’Under 21, ma ha la personalità per essere tra i grandi dove, si spera il prima possibile, rientrerà Fagioli. I problemi seri in difesa potrebbero suggerire un’occhiata meno disinteressata a Rugani che sta giocando con serenità e personalità sconosciute da tempo. Il lavoro nella Next Gen sta ripagando. E nelle mire della Juve c’è anche Berardi: dopo gennaio, un attacco Ital-Juve potrebbe non essere utopia.

L’Inter propone al c.t. un blocco difensivo d’altri tempi. Un giorno Spalletti potrebbe anche schierare una linea con Darmian, Acerbi, Bastoni e Dimarco che già blindano la porta di Sommer. Davanti a loro, intercambiabili e anche complementari, Barella e Frattesi, la coppia di mediani più irriducibile del nostro campionato. Se ripensiamo all’epoca recente in cui si faticava a trovare un italiano in nerazzurro, con undici stranieri schierati a Madrid nella finale di Champions 2010, è una rivoluzione. Nell’ultimo e non memorabile turno di Champions, a Parigi, il Milan è invece sceso in campo per la prima volta nelle coppe senza italiani titolari. Evitiamo anche qui frettolosi rapporti causa-effetto, però..."

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