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Getty Images
Nicolai Lilin, scrittore di uno dei libri che ha avuto molto successo negli scorsi anni, «Educazione Siberiana», è nato e cresciuto nella misteriosa regione che ieri ha accolto l’Inter. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, lo scrittore descrive bene quella zona della Moldavia: "Sono ancora un riservista dell’esercito transnistriano, sergente maggiore delle forze speciali in congedo. Fino ai 65 anni ogni biennio sono obbligato a tornare nel mio paesino per una settimana di esercitazioni militari. Non vedrò il match e non faccio il tifo, ma che si capisca cosa è la Transnistria è un bene per tutti".
Ecco, Lilin, cosa è?
«Una scheggia creata dalla frattura dell’Urss. Da sempre un enorme magazzino di armi sovietiche, una piattaforma bellica da attivare in chiave anti-occidentale in caso di aggressione: ancora oggi abbiamo 250 testate nucleari attive. Quando la Moldavia si è, però, resa indipendente e ha guardato a ovest, i problemi si sono acuiti perché tutta la nostra gente era ed è ancora legata all’economia e all’esercito russo. Da lì, la richiesta di diventare una regione indipendente, a statuto speciale, quasi come l’Alto Adige, ma la Moldavia ha mandato i carrarmati. E invece...».
Invece, cosa?
«I transnistriani sono pieni di armi e molto determinati: il rischio era alto, sono dovuti arrivare i russi a separare e garantire la pace. Ma la comunità internazionale ha subito dichiarato il mio Paese illegale e ha sancito un durissimo embargo economico e sanzioni politiche. È vero che siamo un avamposto geopolitico per la Russia in Europa, ma siamo pur sempre circondati da nemici».
In questo contesto, qual è il sentimento nazionale raccolto nella squadra di calcio?
«Il calcio ci è sempre interessato poco o niente. Questa squadra è solo un progetto politico per far parlare il mondo della regione. E quindi ben venga. Ma noi gente di Transnistria siamo storicamente legati ad altri sport, dal judo al sambo, dagli scacchi all’atletica. Lo stadio dello Sheriff, però, si riempie: grazie a questo exploit in Champions si è acceso un faro su una realtà più grande».
Pare che il presidente del club, Victor Gușan, non si faccia fotografare da 20 anni: ma chi è?
«È semplicemente un agente del Kgb e un uomo forte del gruppo Sheriff. Non dico “ex” agente perché non smetti mai di esserlo: dal Kgb esci solo dentro una bara. Lui è il garante di questo potere e progetto politico che passa anche dai risultati della squadra: normale che non si mostri in giro».
Come verrà accolta l’Inter?
«La squadra trova un Paese aperto, di gente amichevole. Si vive in pace, anche se dietro le quinte dilaga il malaffare. Ed è anche interessante da visitare perché da noi non si è cancellato il passato sovietico. Tiraspol è piccolissima e le strade sono larghe, fatte proprio per spostare mezzi militari, ma ormai vedi più blindati a Milano che lì...».
(Gazzetta dello Sport)
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