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Dopo la risoluzione di Fabio Capello, ieri è arrivata anche quella di Walter Sabatini. L'ex direttore tecnico di Suning ha chiesto e ottenuto la risoluzione del contratto; se per Capello la decisione riguarda poco l'Inter, per quanto riguarda Sabatini il fattore nerazzurro ha inciso notevolmente. Le incomprensioni tra il dirigente e la proprietà risalgono già alla scorsa estate e si sono ulteriormente amplificate dopo la decisione di Zhang Jindong di cambiare i progetti in termini di investimenti. Sabatini lamentava poca autonomia sul mercato oltre al ridimensionamento delle promesse fatte in estate per via del Fairplay, ma soprattutto delle limitazioni imposte dal governo cinese per l'esportazione di capitali.
La classica goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe però arrivata lo scorso gennaio con i clamorosi no di Suning per gli acquisti all’Inter di Pastore (per pochi milioni di euro) e, soprattutto, Ramires che sarebbe solo dovuto passare da una compagine del gruppo all’altra essendo di proprietà dello Jiangsu. A suffragare la tesi di Sabatini i dati relativi alle spese sul mercato effettuate dall’Inter di Zhang Jindong: nelle due sessioni di mercato della stagione 2016/2017 il club nerazzurro ha speso 158 milioni di euro (più i 20 milioni “impegnati” a gennaio per l’acquisto di Gagliardini dall’Atalanta), incassando solo 18 milioni; nella prima sessione coordinata dal dt umbro (estate 2017) sono stati invece 81 i milioni spesi e 69 quelli incassati, per finire con i soli 450mila euro spesi nell’ultimo mercato di gennaio per i prestiti di Rafinha e Lisandro Lopez. Il ridimensionamento appare evidente, e a Sabatini, al quale era stato prospettata tutta un’altra politica sugli investimenti, non rimane altro da fare se non porre fine a quella che lui stesso ha definito «un’esperienza non esaltante». Sabatini dunque se ne va alla vigilia di una nuova sessione di mercato, e i dubbi sul progetto per riportare in alto l’Inter della proprietà cinese restano, anzi aumentano.
(Libero)
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