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Lipari (GdS): “Lukaku-Inter, offerta shock. Ma lo scudetto non si svende, si difende”

Lipari (GdS): “Lukaku-Inter, offerta shock. Ma lo scudetto non si svende, si difende”

Il giornalista Fabio Lipari ha commentato così la possibile conclusione dell'affare Lukaku-Chelsea: "Sarebbe un pugno allo stomaco devastante"

Matteo Pifferi

Intervenuto sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, il giornalista Fabio Lipari ha commentato così la possibile conclusione dell'affare Lukaku-Chelsea:

"Certo che è dura resistere a un’offerta da oltre cento milioni. Soprattutto se di quei cento e passa milioni hai un bisogno disperato per far quadrare conti che non tornano più. Lungi da noi un commento nazional-populista: niente favole, nel pallone di oggi la componente tecnico-tattica e quella finanziaria sono sempre più connesse, quasi inscindibili, e se l’Inter non incassa questo botto di soldi dovrà trovare una soluzione alternativa altrettanto shock. Ma un minimo di comprensione concediamolo al vecchio e sempre legittimo aforisma secondo cui “la passione non calcola mai il prezzo”. Insomma, spiegatelo ai tifosi che è il momento di perdere (anche) Lukaku, l’idolo, il simbolo, la pietra sulla quale Conte ha fondato la sua chiesa dello scudetto. Eppure tutti i segnali lasciano pensare che l’affare (affare per chi?) con il Chelsea si chiuderà, e che per l’Inter sia soltanto questione di qualche milione in più prima del via libera. Il prezzo è fatto. Sarebbe un pugno allo stomaco devastante: dal sogno Champions, dopo uno scudetto atteso undici anni, alla paura improvvisa di un drastico ridimensionamento. E questo proprio nella stagione che alimenta le illusioni".

"D’accordo austerity, fair play finanziario (interessante capire come Psg e Abramovich possano permettersi di spendere così tanto), effetto Covid, crisi cinese e infinite altre cause: resta l’impressione che l’Inter campione possa implodere. Cosa resterà di questi due anni? Di solito dopo uno scudetto si investe. Come minimo uno scudetto si “difende”. Qui sembra tutto il contrario. In un mese l’Inter ha perso il tecnico più vincente in circolazione, il più forte esterno in Europa, il povero Eriksen per ragioni extrasportive e, adesso, rischia di dire addio al centravanti totem che da solo fa mezza squadra. Cos’è l’Inter oggi? Si capisce meglio la mossa di Conte: cucito il meritatissimo titolo sulla maglia, è stato il primo a sfilarsi dal progetto che lui stesso aveva messo in piedi. Forse aveva visto lontano. Ora si può sacrificare un pezzo grosso (Hakimi) sull’altare del bilancio. Ci si può illudere che lo sostituisca Nandez, mezzala sempre sotto standard quando giocava in fascia nel Cagliari. Si può sperare in un miracolo per Eriksen e che Calhanoglu non tradisca. Si possono respingere le pretese di Lautaro che, in tempi da Grande Depressione, sanno tanto di capriccio. Ma Lukaku no. Lukaku è l’Inter, è il giocatore più decisivo del torneo, l’uomo chiamato reparto offensivo. Per Inzaghi sarebbe stato un Immobile molto più tecnico e potente su cui impostare il suo gioco collaudato nel difficile dopo-Conte. E ora? Se la decisione è presa non saranno questi timori a spostare trame decise a Pechino. I tifosi possono almeno sperare che i milioni (spendibili) dell’eventuale business siano puntati subito su nomi top, cominciando da Vlahovic. Ma senza Lukaku è tutta la Serie A che sarà più povera, non soltanto l’Inter".

 

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