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Coronavirus, Lippi: “Serie A da finire ma in Cina ora hanno un nuovo problema. L’Inter di Conte…”

Matteo Pifferi

Le parole dell'ex CT a Libero

Intervistato da Libero, l'ex CT della Nazionale Marcello Lippi ha parlato così della possibile ripartenza, sebbene l'emergenza Coronavirusnon sia stata ancora superata:

«Sappiamo che dobbiamo attenerci alle regole per battere questo nemico, ma capisco le persone che sono al limite della sopportazione. Non vedono miglioramenti né prospettiva. C’è chi perde il lavoro, le imprese non sanno se potranno riaprire. E stai tutto il giorno in casa a pensarci: è dura. Ho seguito la riapertura di Wuhan con un gioco di luci: in Cina hanno domato il focolaio, ma ora hanno il problema dei contagi di ritorno dall’estero. Mi hanno detto che dovrebbero essere 400-500».

In questo momento difficile il calcio litiga per i soldi e gli stipendi. Che figura ci fa il sistema?

«A me hanno insegnato di fare bene il mio lavoro, dare insegnamenti positivi e trasmettere una bella immagine. È logico che chi vive un’annata negativa vedrebbe di buon occhio lo stop alla stagione. Al contrario la pensa chi ha fatto cose eccezionali: non bisogna sparare troppo addosso ai protagonisti. Ma se la scienza ci permetterà di tornare in campo, il calcio deve farsi trovare

pronto. E i calciatori sugli stipendi faranno la loro parte».

Anche per lei si deve giocare a tutti i costi?

«Non sono d’accordo con la chiusura anticipata dei campionati, non si possono cancellare sei-sette mesi di risultati. I campionati devono finire, i verdetti devono arrivare sul campo. L’unica cosa importante è ripartire in sicurezza. Si finisce a ottobre? Quindici giorni di vacanza e si torna in campo. Altrimenti saremo sommersi di ricorsi al Tar che bloccheranno anche la prossima stagione».

Si avvicina un altro anniversario, i dieci anni dai Mondiali sudafricani. Il futuro invece dove la porta?

«Ho imparato che non esiste una squadra che domina sempre. Non ho avuto tante annate storte, ma non si può vincere sempre in 40 anni di carriera. Si impara, si aggiusta, si corregge. Magari tra qualche mese, se capiterà l’occasione giusta con un’altra nazionale, potrei anche pensare di tornare in panchina».

Che cosa ha corretto Roberto Mancini per rialzare l’Italia?

«Mi piacciono i giocatori che chiama. Zaniolo, Tonali, Castrovilli, Barella interpretano il calcio che amo: aggressivo, in accelerazione, con palla e senza palla, con le punte che attaccano gli spazi. E mi piace la filosofia di gioco del ct, intraprendente. La squadra deve fare quello per cui si allena in settimana, non quello che le consente l’avversario».

Come vuole Maurizio Sarri, un altro fumatore toscano in tuta sulla panchina della Juve. Parallelismi a parte, l’ha convinta in questi primi mesi?

«Ma lui fuma sigarette, non il sigaro (ride, ndr). Mi sono piaciute tante cose quest’anno: la Juve, l’Inter di Conte, il grande Rino Gattuso visto al Napoli. E poi c’è l’Atalanta...».

Ha conservato un legame speciale con Bergamo...

«Sono vicino alla città per tutto quello che sta succedendo. La squadra di Gasperini è la fidanzata, o l’amante, degli italiani. Ha fatto innamorare tutti, chi la ammira è entusiasta nel vederla giocare»