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Intervenuto ai microfoni di Calciomercato.com, Roberto Civitarese, mental coach di Samuele Longo, attaccante dell'Inter in prestito al Venezia, ha parlato del momento del ragazzo e della sua voglia di riscattarsi dopo gli ultimi anni non proprio positivi.
Inizio da urlo, subito decisivo. Cosa è scattato nella testa di Longo? E il gol contro il Paris Saint-Germain in estate aveva fatto capire che i presupposti per una buona stagione c'erano...
“Assolutamente, i presupposti c’erano tutti. Quando uno si prepara a fare un certo tipo di lavoro, a mettere in gioco le proprio capacità e abilità, deve essere anche messo in un contesto funzionale alle sue capacità. Questa ne è la dimostrazione. Piatek segnava al Genoa in maniera incredibile, al Milan si è inceppato: dipende dal contesto. E’ evidente che poi bisogna adattarsi in un determinato contesto. Cos’è scattato in Samuele? Che lui era pronto a mettersi in gioco, solo che era in un contesto che non gli permetteva di sviluppare il suo potenziale al massimo. Al Deportivo volevano vincere il campionato, si sono ritrovati ultimi, con 3 allenatori cambiati. E il contesto, a sua volta, è cambiato. Ora, a Venezia, ha trovato un ambiente dove si gioca a calcio, funzionale ai suoi obiettivi e alle sue qualità. E poi cominci a fare bene in un contesto positivo e scatta il ciclo del successo: hai un pensiero, fai una cosa e ottieni il risultato, questo risultato alimenta quel pensiero. Se il risultato è in linea con il mio obiettivo, si chiude il cerchio. E rafforzo la mia convinzione”.
Anni fa era considerato tra i giovani più promettenti del calcio mondiale, inserito da Don Balon nei 50 più interessanti nati dopo il 1991. Cosa non ha funzionato?
“Noi siamo tornati a lavorare insieme quest’anno. Il mondo del calcio è molto istintivo: una grande promessa o esplode subito oppure viene accantonato. Longo ha ottenuto dei risultati, solo che non sono stati evidenziati in maniera equa. Ha vinto due campionati in Spagna, ma l’opportunità in Liga o in Serie A, Cagliari escluso, non l’ho mai avuta. A Frosinone, per esempio, non ha mai giocato. In Serie B, in Spagna, era una sentenza, e lì non ha mai avuto la possibilità di giocare l'anno dopo in Liga, zero continuità. Quindi questo fa parte del suo percorso, non ha avuto modo di avere un’opportunità nei tempi giusti. E quindi apre un percorso differente. Ma non deve mai cambiare il suo obiettivo, cambia solo la strada. Google maps te la trova sempre la strada alternativa per arrivare alla meta che vuoi”.
Il tempismo e l'opportunità sembrano essere tutto.
“Zaniolo è la dimostrazione di chi ha saputo cogliere l’occasione. Entrato in una trattativa tra Roma e Inter per Nainggolan, Zaniolo non se n’è quasi accorto di questa possibilità. Poi ho avuto l’opportunità, dove lui è stato bravissimo a coglierla. Il motto è "continua a lavorare in attesa di una possibilità". A Zaniolo è arrivata subito, altri giocatori devono aspettare”.
Come fa un giovane a crescere attraverso i prestiti, che non danno mai certezze?
"Questa è la lettura che molti giovani fanno. Io gli aiuto a dargli una visione diversa. Quella che dici tu è una visione d'incertezza, di precarietà, io aiuto dando una lettura diversa: il prestito è uno strumento per l'ottenimento di un risultato. Se io voglio andare in A e mi danno in prestito in B, lo interpreto come strumento. E' come se dovessi andare in viaggio e ti chiedessi l'auto a noleggio. Non ho bisogno di possederlo quello strumento, per me non è il fine, ma un mezzo. Io non devo vivere il prestito come una scelta di vita, ma come uno strumento per poter andare in Serie A. Piccolo aneddoto: c'era un mio giocatore che faceva difficoltà ad ambientarsi in una nuova realtà, e io gli dissi che per condizionare il cervello a quella situazione doveva mettere il trolley davanti all'ingresso di casa. Anche vuoto. La sua mente doveva fargli percepire che quella era una situazione provvisoria. Perché, ripeto, il prestito è un mezzo, non un fine".
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