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A proposito, è questa la partita più sentita giocata in carriera?
«Non saprei, però è quella con l’ambiente più bello. San Siro pieno, in quelle notti, è qualcosa che non si può spiegare a parole. Sono sensazioni che non dimentichi, e lo dico a prescindere dal risultato della partita. Anche se, ovviamente, spero che vinca sempre l’Inter. Stavolta arriva favorita, non ci sono dubbi, ma...».
Ma cosa?
«Un “Clasico” è sempre un “Clasico”: fa storia a sé, è proprio un pianeta distinto diverso dal resto delle partite. E poi è sempre una battaglia con un Milan ferito, una loro reazione di orgoglio bisogna aspettarsela. Per fortuna l’Inter ha, forse, il punto migliore nella difesa, che negli anni è diventata veramente eccellente».
Cosa le piace in particolare lì dietro?
«I difensori hanno una incredibile costanza di rendimento. Anche se hanno vinto così tanti titoli, sono sempre tutti sul pezzo, concentrati. A partire da Acerbi, un grande stopper».
Ha visto che Haaland mercoledì voleva lasciargli la maglia per eccesso di strattoni?
«Il difensore si fa solo così, bisogna farsi valere anche fisicamente. Come dire, qui non si passa! Acerbi si completa bene pure con Pavard e Bastoni: rispetto a lui, gli altri ai lati giocano più la palla e vanno in attacco, ma quando c’è da chiudersi in alcuni momenti delle partite lo fanno benissimo. Ad esempio, non era facile resistere negli ultimi minuti contro il City che premeva forte. Se funzionano così insieme è merito di tutta la squadra e del sistema che si è inventato Inzaghi».
Che tipo di allenatore le sembra Simone?
«Ho giocato più contro suo fratello, non ho avuto mai il piacere di parlare con lui. Da quello che riesco a vedere da qua, Simone fa parte della grande tradizione di allenatori italiani ma è anche un innovatore. Ha un’ottima organizzazione tattica, gli piace molto uscire con la palla, e poi ha capacità di fare gruppo. La mia Inter è proprio in buone mani».
Chiuda gli occhi, il primo ricordo delle sue sfide al Milan?
«Beh, sono tanti... Sono stati gli anni migliori, in quell’epoca eravamo nettamente superiori noi, anche se il Milan ha avuto un campione del livello di Ronaldinho. Con me in campo ne abbiamo perso uno soltanto, nella stagione dopo il triplete con gol di Ibrahimovic. Mi piace ricordare, però, quello dell’anno prima con Mourinho in panchina, vinto alla fine 9 contro 11. L’arbitrò diede il rosso a Sneijder perché lo aveva applaudito e a me per un fallo di mano involontario. Alla fine Mou disse che ci avrebbero battuti solo in 6 contro 11: aveva ragione...».
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