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Lucio: “Ecco perché andai alla Juventus. Questa Inter è in rifondazione. E Dzeko…”

Matteo Pifferi

Cresce l'attesa per Inter-Juventus e Lucio, il doppio ex della partita, ne ha parlato così ai microfoni de La Gazzetta dello Sport

Cresce l'attesa per Inter-Juventus e Lucio, il doppio ex della partita, ne ha parlato così ai microfoni de La Gazzetta dello Sport.

Allora Lucio, come vede l’Inter prima della partitissima?

«È in rifondazione, come normale che sia: quando vendi giocatori tanto importanti, cambi allenatore e filosofia, serve un po’ di tempo, ma già questo inizio ha detto che l’Inter c’è. È una squadra degna della storia del club e può vincere lo scudetto».

La convince chi è arrivato al posto dei big partiti?

«Intanto è normale che, nell’epoca del covid, si possano averi problemi finanziari, ma l’importante è trovare la strada per uscirne. Per questo non mi ha stupito l’addio di Conte: nessuno può sapere cosa ci sia stato nel suo cuore al momento dell’addio. Adesso stiamo scoprendo Simone Inzaghi: da fuori si vede soprattutto il rapporto che ha con i suoi ragazzi e la voglia di puntare sul bel gioco. Ma anche chi sta sostituendo i campioni ceduti sta dimostrando di non temere la responsabilità. Soprattutto Dzeko».

Ecco, Edin: se lo ricorda anche in campo?

«Ho giocato contro di lui quando era al Wolfsburg e io al Bayern. Ricordo soprattutto i suoi movimenti: è completo, sa passare e tirare alla stessa maniera. Lukaku è più fisico e decisivo in area ma, per ragioni diverse, sono entrambi difficili da marcare. E pure Lautaro lo è: oltre a segnare tanto, pensa al bene della squadra. Gli ha fatto bene passare tempo con Milito».

L’Inter ha costruito il titolo sulla difesa, che ora è in difficoltà. Possibili correttivi?

«La difesa dell’Inter mi piace tanto così come è: ha grande forza e capacità di costruire anche se dipende sempre dall’atteggiamento della squadra. E mi piace quando paragonano De Vrij a me: lui è quasi il regista della difesa».

Una caratteristica della sua Inter che dovrebbe essere trasferita a questa?

«L’Inter del 2010, quella che ha fatto la storia del calcio, aveva una caratteristica unica: l’unione del gruppo forgiata dall’allenatore. Non c’era ego, c’era la squadra a cui tutti davano il proprio cuore. Si sono viste squadre più ricche e forti di quella, ma nessuna con quello spirito. Ecco, io spero che anche questa Inter abbia la nostra stessa voglia di aiutarsi in campo e di combattere una battaglia in ogni partita. Così supereranno i momenti difficili».

Cosa prova a vedere Mourinho su un’altra panchina?

«Per chi, come me, ha condiviso tante emozioni con lui può sembrare strano, ma questo fa parte della professione. José è stato il migliore allenatore che io abbia mai avuto. È duro, coerente e corretto, non vuole mai perdere: con lui la Roma ha l’uomo giusto per tornare su.».

Cosa le rimane, invece, dei mesi alla Juve?

«Sono andato alla Juve perché in quel momento l’Inter stava ricostruendo, altrimenti non avrei mai lasciato Milano: fui quasi obbligato dalle circostanze. non avevo persone attorno che potevano consigliarmi e non c’erano altre opzioni. A Torino, però, ho trovato il trio di difensori della nazionale italiana e non c’era spazio: non è stato un momento felice, non restano buoni ricordi, e anche per questo l’Inter resta il ”mio” club italiano. Tutto fa comunque esperienza e anche alla Juve mi sono fatto amici come Buffon, Pogba e Pirlo: mi accolsero tutti bene».

A Torino, però, ora c’è una nutrita colonia brasiliana.

«Danilo, Arthur, Alex Sandro e ora pure Kaio Jorge. Loro li seguo in maniera particolare anche in chiave Seleçao: ogni volta che fanno bene è un orgoglio. In un campionato come quello italiano diventi sempre migliore».

Per lei questa Juventus può fare il colpo a Milano?

«Ha grandi giocatori, molti campioni d’Europa, ma l’Inter gioca in casa. Questo resta il Clasico italiano, affascinante e difficile per tutti. Una volta in questa partita ho pure segnato io, in Coppa Italia. E ovviamente per l’Inter...».