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Lucio: “Inter più grande rivale della Juve ma non viceversa. Gli scudetti sono…”

Daniele Mari

Lucio, intervistato da La Stampa, ha ammesso che la rivalità tra Juve e Inter è sentita molto di più a Torino che a Milano: Lucio è arrivato alla Juve per portare esperienza. Come si fa? «Con rispetto, provando a trasmettere ai più giovani...

Lucio, intervistato da La Stampa, ha ammesso che la rivalità tra Juve e Inter è sentita molto di più a Torino che a Milano:

Lucio è arrivato alla Juve per portare esperienza. Come si fa?«Con rispetto, provando a trasmettere ai più giovani il concetto di fiducia. In Champions crederci fa la differenza».

A lei chi lo ha insegnato?«In tanti e poco con le parole e i consigli, più con gli atteggiamenti e i gesti».

Un gesto che l’ha cambiata?«Oliver Kahn che tirava pugni all’aria mentre stavamo perdendo una partita ai tempi del Bayern. Non gli andava giù. Mi ha fatto salire dentro la voglia di cambiare il risultato, quella molla che bisogna sempre tenere viva se no è finita».

Cambiare squadra aiuta a tenerla viva?«Serve a dare nuove motivazioni, quando ti abitui a vincere capita di scivolare in una zona comoda. Adesso per forza ogni giorno parto dal nulla quindi è una nuova sfida».

Cosa ha imparato fino a qui della Juve?«Che l’Inter è la più grande rivale e non me lo aspettavo. Dall’altra parte non mi pareva. Credevo che la partita più calda fosse Milan Inter. Non avevo proprio idea, ma dopo un giorno qui mi è stato chiaro».

Quando era interista prima dei confronti con la Juve non c’era un’aria diversa?«Giuro di no. Si sentiva la stessa tensione che avverti prima di un incontro importante. Prima della Roma era uguale».

Quanti scudetti ha vinto la Juve?«Io sono un professionista e oggi ho la maglia della Juve quindi sto con i bianconeri».

Quindi per lei sono 30?«Non sta a me dirlo, non ero neanche in Italia in quegli anni. Dico solo che ora sono juventino e mi comporto da tale».

Anche la rivalità argentini-brasiliani le è nuova o quella l’aveva sperimentata anche prima?«Per tutto il tempo che sono rimasto all’Inter non ci sono stati problemi, anzi tra noi c’era un rapporto bellissimo. Poi non so cosa sia successo».

Lei, Julio Cesar e probabilmente Maicon, tutti brasiliani, tutti via dall’Inter. Una coincidenza?«Credo sia la politica della società ma non conosco i motivi, so che all’improvviso mi chiamavano ogni due giorni per sapere se avevo trovato una squadra e non mi sono mai sentito così pressato. Ho vissuto lì anni fantastici ma quella situazione l’ho trovata difficile. Mi sentivo costretto . Non è nel mio carattere litigare o portare problemi. Ho cercato una soluzione alternativa e la Juve è perfetta».

Ha passato 8 anni nella Bundesliga e 4 nella serie A. È vero che ci hanno superati?«Che gli stadi lì sono tutti pieni è un fatto e quel tipo di partecipazione porta carica, interesse, stimoli, soldi».

Cosa importerebbe dalla Germania?«L’organizzazione e un po’ della loro mentalità che forse non è proprio come vi aspettate. Sono stati bravi a inventare intrattenimento e agevolazioni per portare più gente a vedere le partite. In Italia è una cosa che mi è mancata. Adesso però sono curioso di vivere l’atmosfera dello Juventus Stadium che è sempre tutto esaurito».

La Seria A le sembra un campionato in crisi?«Sta cambiando. Il fatto che siano partiti tanti nomi e che i club cerchino nuove soluzioni non è per forza un male».

Il campionato riparte da Juve-Parma, senza un allenatore in panchina. Preoccupati?«No, sappiamo che sarà così e già durante gli allenamenti ci lavoriamo. Conte ci dà le istruzioni da usare in partita».

E se questa situazione si prolunga per 10 mesi?«Noi speriamo di no, ancora non sappiamo se è definitivo quindi non ci stiamo pensando. Non ne abbiamo neanche parlato tra noi. Stiamo a vedere».

Contro il Parma poteva essere titolare e si è infortunato. Ora sarà più difficile trovare posto. Teme di giocare poco?«Non sono il tipo che si agita, affronto il calcio come la vita con fede, senza ansia».

Cosa vuol dire essere atleta di Dio?«Sapere che è Dio che ti ha dato certe opportunità. La disciplina per stare tanto in Germania e poi l’occasione di venire in Italia. Mi sento guidato nelle scelte e sostenuto quando le cose non girano».

Non può più mostrare maglie con simboli religiosi. Troppo?«Le regole dicono così e le rispettiamo. Non c’è bisogno di una maglietta per dire chi sei».

Che effetto fa vedere la bandiera olimpica a Rio?«Sono orgoglioso, faremo un bel lavoro nel 2016».

Ha visto i Giochi di Londra?«Solo calcio. È stato triste veder perdere il Brasile, conosco bene molti dei giocatori».

Conosce bene anche Pato. Come mai si spacca sempre?«Non è facile per lui, ha un fisico delicato ma è così giovane che ha ancora la possibilità di gestirsi la carriera al meglio».