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Mainiero (Libero): “Senza i Moratti l’Inter non è più l’Inter…”

Il giornalista di Libero e tifoso nerazzurro Mattias Mainiero, nell’edizione odeirna del quotidiano ha replicato alla domanda di un lettore che gli chiedeva di fare una rapida analisi sul fenomeno Thohir: “La mia purtroppo è...

Francesco Parrone

Il giornalista di Libero e tifoso nerazzurro Mattias Mainiero, nell'edizione odeirna del quotidiano ha replicato alla domanda di un lettore che gli chiedeva di fare una rapida analisi sul fenomeno Thohir: "La mia purtroppo è un’analisi di parte, molto di parte. Ricorda? Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola… L’allenatore era Helenio Herrera, il Mago. Presidente, Angelo Moratti, presidente all’antica, primo tifoso dell’Inter, ricco, imprevedibile. Vicepresidente, l’indimenticabile Giuseppe Prisco, detto Peppino, un napoletano (era originario di Torre Annunziata) a Milano. Erano gli anni Sessanta e quella era la Grande Inter che vinse tutto: sei scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, tre Coppe Uefa, due Coppe Italia e una Supercoppa italiana.

La tv era in bianco e nero, si giocava la domenica pomeriggio e nessuno avrebbe mai immaginato che di lì a qualche anno il calcio sarebbe diventato un’altra cosa. Le partite in notturna erano un evento straordinario, ora routine. Essere tifosi interisti, per molti di noi, significa qualcosa di completamente speciale che niente ha a che fare con il calcio e forse neppure con il leggendario Suarez, Domenghini che correva come un matto sulla fascia destra, Facchetti che galoppava e segnava, primo terzino fluidificante, alto, elegante, e il ruvido Burgnich, l’elegante Picchi. Significa gli anni in cui si mangiava pane e salame e la Nutella non era ancora arrivata.

Sulle maglie, i numeri oltre l’11 erano solo quelli delle riserve. Scarpette chiodate e regolarmente di colore nero. Significa l’infanzia, forse anche del calcio che troppo presto sarebbe diventato adulto marcendo anche un po’. Quella era la nostra Inter, ed era l’Inter di Angelo Moratti poi ereditata da Massimo. Ora c’è Erick Thohir e anche noi, come una volta Moratti, abbiamo i capelli sempre più bianchi. Analisi di parte. In bocca al lupo ai nuovi interisti, ma l’Inter resta quella lì, la nostra Inter".