Roberto Mancini, in un'intervista concessa a Libero, è tornato a parlare del amico fraterno Gianluca Vialli, scomparso pochi giorni fa a causa di un tumore al pancreas: "Credo che sia giusto raccontare Luca in una chiave diversa. Lui è gioia, non tristezza. Noi eravamo particolari. Diciamo che era la nostra squadra, la Sampdoria, ad essere molto particolare, perché noi eravamo una squadra di ragazzi giovani, quasi tutti della stessa età. Praticamente vivevamo in simbiosi, trascorrevamo la nostra vita, dalla mattina alla sera, sempre insieme. Abitavamo tutti vicini e qualcuno addirittura abitava nella stessa casa. All'allenamento andavamo insieme, a mangiare pure. Eravamo come una famiglia. Con tutti avevo un rapporto fortissimo, ma con Gianluca si era instaurato un legame specialissimo".
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Mancini: “Fino all’ultimo ho sperato in un miracolo per Mihajlovic e Vialli”
Ce lo racconti.
"Con Luca c'era un feeling diverso. Noi giocavamo in attacco insieme, quindi ci capivamo al volo. Lui aveva un carattere totalmente opposto al mio, quindi andavamo d'accordo probabilmente anche per questo. Lui nonostante la giovane età era molto più riflessivo, io ero molto più impulsivo. Ho avuto una vera e propria ammirazione per lui. Lo ammiravo per il ragazzo che era. Rappresentava un punto di riferimento per tutti e in modo particolare per me. Noi ci conosciamo da una vita e abbiamo litigato solo una volta".
Veramente? Me la racconti.
"Credo che il vero motivo fosse perché non avevamo mai litigato e quella volta abbiamo voluto provare a litigare. Per una stupidaggine accadde questo. Durante un allenamento, Luca, anziché chiamarmi Roby, come sempre, mi chiamò Mancini, e allora io gli dissi irritato: "Scusa ma perché mi chiami Mancini?". C'è stata una discussione e ricordo che non ci siamo parlati per un po' di giorni, cinque o sei se non sbaglio".
E poi come avete fatto pace?
"Ci fu un raduno della Nazionale e chiaramente in Nazionale si è tutti amici, non sono ammesse tensioni e ricordo che ci fecero far pace subito. È stata l'unica volta, l'unica litigata di tutta la nostra vita".
"Io ero veramente il suo opposto caratterialmente. Ero molto impulsivo. Lui aveva capito questa cosa e cercava di tenermi più calmo. Per questo c'è sempre stato. E lo ha fatto con l'affetto, con quell'amore che si crea tra fratelli. Per me è stato un punto di riferimento fondamentale. Le confido questa cosa".
Mi dica.
"Cosa c'è di più importante nella vita di una persona, se non un figlio?".
Sinceramente nulla.
"Ecco, io ho voluto Luca come padrino di battesimo di mio figlio Filippo. Questo per darle una misura di grandezza del sentimento che ci legava".
Mister, lei nel giro di 20 giorni ha perso due figure a cui era legatissimo: Mihajlovic e adesso Vialli. Lei è molto credente. Come affronta tutto questo?
"Io le confido che fino all'ultimo ho sperato in un miracolo. Mi rendo però conto che le due malattie che li hanno colpiti erano veramente difficili da sconfiggere. Purtroppo hanno avuto la meglio su di loro nonostante siano stati due straordinari combattenti. Due persone che io non ho mai abbandonato. Io spero che adesso Gianluca e Sinisa siano in un posto migliore e lassù, insieme al presidente Mantovani e a Boskov, ridano guardando noi quaggiù e dicano cose come "Guarda quelli dove stanno e noi invece siamo qui e stiamo meglio"".
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