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Marchegiani: “Inter, Inzaghi l’uomo giusto: ecco perché. Ecco chi non toccherei”
Luca Marchegiani, ex portiere e oggi opinionista, ha concesso una lunga intervista ai microfoni di Tuttosport. Il tema affrontato è stato l'approdo di Simone Inzaghi sulla panchina dell'Inter: "«Il nostro calcio richiede molto come applicazione e aspetto motivazionale. Perciò, dopo qualche anno, un allenatore perde molto nella capacità di incidere sulla squadra. Per questo credo che la storia tra Inzaghi e la Lazio sia finita al momento giusto: a tutti serviva cambiare, forse si poteva chiudere il rapporto in modo diverso, però sono convinto che sia per Simone, sia per la Lazio sia fondamentale iniziare una nuova avventura a questo punto del loro percorso».
Oggi Inzaghi sbarca a Milano: che Inter trova?
«Un’Inter forte. Certo, Simone non va ad affrontare una sfida facile perché, al di là dei discorsi legati a un ridimensionamento per motivi economici, andrà allenare una squadra che ha vinto lo scudetto dominando il campionato. Perciò parte con un’asticella molto alta che fa dell’Inter, a prescindere dal mercato, una delle favorite: non lo attende quindi un lavoro semplice».
In cosa è diverso il suo di 3-5-2 da quello di Antonio Conte?
«Conte pretende giocate canonizzate, dettate da quanto provato in settimana e la sua forza è nel far sì che questi movimenti diventino automatismi applicati ad alta intensità. Il campionato dell’Inter ha detto molto in questo senso, visto che a un certo punto sembravano facilissime cose che a inizio stagione apparivano come complicate. Simone è meno schematico e ama variare molto nel proporre gioco: sfrutta bene le fasce ma sa palleggiare con le mezze ali, esprime velocità alternandola alla fisicità».
«Nella Lazio ha dimostrato di avere tantissime soluzioni, però ha allenato una squadra sola che è stata creata da lui. Io Simone lo seguo da quando allenava nelle giovanili e lui ha sempre avuto una capacità innata, ovvero saper valorizzare al meglio la rosa a sua disposizione e mettere i giocatori nelle condizioni di rendere al massimo. Doti che, insieme alla padronanza della comunicazione, fanno di Inzaghi un allenatore da grande squadra».
Che sa pure far brillare il capitale umano a sua disposizione.
«Beh, esempi, sul campo, ce ne sono stati tanti: basta pensare alla crescita che hanno avuto Luis Alberto, Immobile, i tanti esterni che ha avuto, lo stesso Acerbi che, per carità, era bravo anche al Sassuolo, ma alla Lazio è diventato fortissimo».
Inzaghi dovrà giocoforza convivere con i paragoni con Conte: un problema oppure ha spalle abbastanza larghe per sopportarlo?
«Simone, da allenatore, ha una personalità diversa rispetto a quando giocava e ha dimostrato di saper affrontare qualsiasi tipo di situazione in maniera adeguata. Per questo non avrà problemi a entrare in uno spogliatoio importante quale è quello dell’Inter, come non avrà problemi a dare seguito al lavoro di un allenatore che ha nella personalità una delle sue caratteristiche principali. Un discorso diverso sono le aspettative e lui, prendendo una squadra che ha stravinto il campionato, troverà aspettative alte nei tifosi, nella stampa e pure nei giocatori che avevano stretto un rapporto estremamente forte e solido con Conte».
Eriksen può essere un altro Luis Alberto per Inzaghi?
«Come caratteristiche sì, anche se il danese ha meno dribbling stretto. Però un po’ ce lo rivedo Eriksen nel percorso che ha fatto Luis Alberto che con Inzaghi faceva la mezzala bene, ma mantenendo le sue caratteristiche».
Quanto sarà importante ritrovare De Vrij?
«Per gli allenatori è fondamentale avere in squadra qualcuno che già conosca il loro modo di lavorare. De Vrij, sotto questo punto di vista, può essere utilissimo. Però, allargando il discorso, per Simone è un grandissimo vantaggio partire con un reparto difensivo così attento, solido e organizzato perché su quello può permettersi qualche rischio in più in fase offensiva, cosa che nella Lazio non poteva fare, soprattutto nei primi tempi».
Per Simone l’Inter è un esame di laurea?
«No, lui si è già laureato alla Lazio, per me l’Inter è la grande occasione e non lo dico per sminuire quanto abbia fatto a Roma, ben inteso. Però lui alla Lazio è nato, cresciuto, è stato aiutato e tutti, all’inizio, gli concedevano la possibilità di sbagliare perché era visto come un allenatore che doveva crescere. Adesso questo vantaggio non ce l’ha più. Ora il punto di partenza è diverso: gli verrà perdonato meno e dovrà mettere a frutto tutta l’esperienza che ha maturato fino ad ora».
In un mercato liquido, se l’Inter vuole fargli un favore, chi non deve vendergli?
«Credo ci siano tre-quattro giocatori che siano indispensabili. Quasi banale dire Lukaku, poi non gli toglierei Brozovic considerato che nel suo gioco è fondamentale avere un vertice basso che sappia fare bene entrambe le fasi come hanno dimostrato prima Biglia, quindi Leiva. Certo, poi sarebbe importante non perdere Hakimi, però credo ci siano poche possibilità che rimanga...».
Qual è invece il giocatore che Inzaghi aveva alla Lazio ma manca, per caratteristiche, all’Inter?
«Milinkovic-Savic, è evidente. Barella, sia chiaro, non può essere messo in discussione, però un giocatore in grado di fare gioco e contemporaneamente dare l’alternativa della palla lunga da centrocampista all’Inter non c’è. E Milinkovic-Savic in questi anni alla Lazio è stato fondamentale perché, quando non riuscivano a essere pericolosi palla a terra, la alzavano su di lui e diventava tutta un’altra partita».
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