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Gianni Pampinella Redattore 

Come è cresciuto Simone Inzaghi e che tipo di allenatore è diventato?

"Inzaghi ha dimostrato di essere un grande professionista e una persona molto intelligente. È arrivato in punta di piedi, non ha fatto proclami ed è cresciuto man mano che otteneva risultati. È cresciuto soprattutto in un aspetto, che era ala consapevolezza delle proprie capacità che è riuscito a trasmettete ai giocatori. Uno dei suoi aspetti fondamentali è il riconoscimento di essere un leader di questa squadra e e di inculcare quelli che sono i concetti vincenti, la cultura del lavoro, il senso di appartenenza. queste componenti, supportati dal management, ha fatto sì che si è creato una simbiosi che ci ha portato lontano".

Che dirigente sei per l'allenatore?

"Il mio ruolo è cambiato, la prima cosa è il rispetto dei ruoli. Nell'Inter c'è un allenatore, un direttore sportivo, in primis devo rispettare questi ruoli. Il nostro è un gioco di squadra, il confronto tra di noi è quotidiano, ognuno di noi porta la sua esperienza. I dialoghi? Se vuoi inculcare più timore, la sede e l'ufficio alla Pinetina rappresentano un vantaggio, altrimenti va bene un ristorante o un albergo in città".

La carta d'identità della squadra

"Credo che se hai 11 talenti non vinci. l'importante è mixare e creare una simbiosi tra giovani e meno giovani. Noi abbiamo creato un equilibrio, quando hai l'esperienza non la metti in pratica solo nel terreno di gioco, ma anche nello spogliatoio. Abbiamo messo in squadra tutte queste componenti".

Il blocco di italiani è un vantaggio?

"Assolutamente sì e i risultati lo dimostrano. In Italia il campionato è qualcosa di unico, la pressione che c'è qui non c'è da nessun'altra parte. Gli italiani conoscono il proprio habitat, sanno cosa significa andare a Lecce e a Cagliari. Poi è anche orgoglio della nostra nazione mettere a disposizione della Nazionale i propri giocatori".

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