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Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex numero 10 dell'Inter Lothar Matthäus ha parlato della sfida col Napoli di domenica, ma anche di quelle dei suoi tempi:
Cosa significava giocare contro Maradona?
«Era un onore, era stimolante, era una grande emozione. Che fosse un’amichevole, che fosse un Inter-Napoli o la finale dei Mondiali. Era bello affrontarlo perché le gare erano dure, tese, sentite, ma sia prima che dopo la partita parlavamo cordialmente. Era vero antagonismo sportivo: duro, ambizioso e leale. Abbiamo vissuto bei momenti insieme, eravamo legati seppur rivali: lui è venuto alla mia partita d’addio a Monaco, io alla sua a Buenos Aires. C’era una bella amicizia sportiva».
Cosa rappresenta Inter-Napoli oggi?
«Onestamente non ci sono giocatori che ammiro particolarmente, né da una parte né dall’altra. In entrambi i casi è il collettivo che emerge. Non ci sono i Matthäus o i Maradona. Mi piaceva Lukaku, era uno che faceva la differenza, la sua cessione è stata pesante. Con Lautaro e Dzeko ci sono buoni giocatori, ma nessuno che faccia sempre la differenza».
Chi è favorito?
«L’Inter, vista la classifica, ha più bisogno di vincere. Dubito che la Juventus possa rientrare nella corsa al titolo, è troppo distante e lo è da troppe squadre. L’Inter vincendo tornerebbe in scia, sarebbe importante. È un campionato a tre».
Che pensa della Serie A?
«Ai miei tempi lo scudetto era conteso fra diverse squadre: dal Verona all’Inter lo vinsero 5 club in 5 anni. Quello era equilibrio, quella era incertezza. Ora è tanto che non c’è lotta per il titolo. All’epoca il calcio era più emozionante per i tifosi. La A era il campionato più competitivo al mondo. Era un onore parteciparvi. Una settimana giocavi contro Van Basten, quella dopo contro Maradona, poi Baggio, Vialli e Mancini. Era stimolante potersi confrontare con questi campioni. Gli anni che ho vissuto in Italia sono stati i migliori, dal punto di vista emotivo e professionale».
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