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SandroMazzola, ex calciatore dell'Inter, ha concesso un'intervista ai microfoni di Tuttosport per ricordare Tarcisio Burgnich, scomparso nella giornata di ieri. Queste le parole di Sandrino.
Quale è la prima cosa che le viene in mente se parliamo di Burgnich?
«Un uomo fantastico. E un grandissimo difensore. Era lui quello che mi veniva a salvare quando c’era un avversario che mi picchiava troppo. Al primo corner in nostro favore attraversava il campo ed entrava in area. Osservava il mio marcatore, gli metteva un dito in fronte e lo intimava di smettere. Altrimenti se la sarebbe dovuta vedere con lui. Con tutti i suoi muscoli, quei denti che digrignava e gli occhi mezzi chiusi, incuteva timore».
Un compagno leale, che in campo dava tutto.
«Assolutamente. Pensi che a Burgnich veniva sempre affidato il compito di marcare il più forte degli avversari. Ogni tanto lo prendevo in giro, sostenendo che avesse fermato l’attaccante solo perché in realtà quello non fosse il migliore dei rivali. Allora mi guardava e bonariamente esclamava: “Ti faccio vedere io. Rimangiati quello che hai detto”. Tutti giustamente ricordano le nostre partite ma pure in allenamento ci metteva lo stesso impegno delle gare ufficiali».
Il segreto della sua forza.
«Esatto. E sa chi marcava nelle partitelle tra difensori e attaccanti? Il sottoscritto. Ogni tanto lo riprendevo: “Tarcisio, porca miseria. Ma giochiamo tranquilli, lasciami stare”. Lui mi guardava con uno sguardo quasi truce e ribatteva senza scomporsi: “Senti un po’, io devo sapere come sto. Se vedo che riesco a fermarti, allora significa che domenica non avrò problemi. Gioca e non rompere le scatole”. Un grande, davvero».
Si sentiva la sua importanza in campo ma anche come uomo squadra.
«Era un capitano. A fine primo tempo, dopo essere rientrati nello spogliatoio e aver ascoltato il discorso dell’allenatore, si sedeva vicino al compagno che stava giocando male. E gli raccontava che stesse disputando una buona prova, sottolineando solo le giocate positive, convincendolo pure che avrebbe potuto dare un apporto ancora migliore. Nel secondo tempo scendeva in campo un altro giocatore, certificando l’importanza delle parole di Tarcisio».
Anche a lei immagino diede più di un consiglio prezioso.
«Io ero abituato a giocare sempre con i tacchetti di gomma, anche col terreno bagnato o pantanoso. Prima di una partita di coppa importante, notiamo il campo pesante. Io faccio finta di nulla e spiego ad Herrera che avrei indossato le solite scarpette. Burgnich mi sentì. E non appena il nostro tecnico si spostò, si avvicinò e mi avvertì: “Senti un po’, o tu cambi idea, o la prima volta che scivoli vengo lì e ti do una bella ripassata”. Gli diedi retta, segnai e vincemmo la partita».
Burgnich sicuramente era un calciatore fortissimo.
«Credo si possa affermare senza problemi che sia stato uno dei migliori difensori della storia dell’Inter e della Nazionale. Se qualcuno veniva saltato o perdeva la marcatura, lui era sempre il primo a metterci una pezza. E a coprire la zona interessata».
Che persona era invece fuori dal rettangolo verde di gioco?
«Un grande amico. In campo sicuramente metteva grande agonismo. Ma poi fuori amava ridere. E si fidi, partecipava sempre a ogni scherzo che veniva organizzato».
Parlavate spesso della vostra Inter?
«Certamente. Ricordavamo gli aneddoti delle nostre gare. Ma commentavamo anche quelle dell’attualità dei nerazzurri. E se c’era qualcuno che non giocava bene, il suo commento era sempre lo stesso: “Adesso vado lì e ci penso io, vedi come inizia a correre (ride, ndr)”. Sono sicuro che lo avrebbero ascoltato anche adesso».
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