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Mazzola: “L’Inter è la mia vita ma se papà non fosse morto sarei stato del Torino”

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"L'Inter è stata e sarà per sempre la mia vita. Ma anche il Torino, per via di papà, occuperà per sempre una parte del mio cuore", ammette Mazzola
Matteo Pifferi Redattore 

Intervenuto ai microfoni di Tuttosport per ricordare la strage di Superga nella quale perse la vita il padre Valentino, Sandro Mazzola racconta anche alcuni aneddoti del suo legame con il mondo granata:

Mazzola: “L’Inter è la mia vita ma se papà non fosse morto sarei stato del Torino”- immagine 2

«La prima volta che rimisi piede al Filadelfia avevo 16 o 17 anni. Da interista. Una partita del campionato Juniores contro il Toro. Mi ballavano le ginocchia da aver paura di cadere. Ero negli spogliatoi dove si cambiava papà. Tutto uguale, una decina di anni dopo. E io lì. Inebetito dall’angoscia. Rivedevo me bambinetto, quando papà mi portava agli allenamenti al Fila e potevo giocare anch’io. Tiravo i rigori a Bacigalupo, che faceva finta di parare e così facevo gol e tutti ridevano da scoppiare di gioia… poi io facevo di corsa il giro del campo a braccia levate… Era un gioco bellissimo… e papà e io ci guardavamo felici… Comunque quella volta del mio primo ritorno al Filadelfia dopo la tragedia nessuno del Torino venne a salutarmi. Era come se non sapessero chi fossi, mi stavano lontano… Finché all’improvviso mi vide Zoso. Corse subito da me, mi sommerse di abbracci… Faceva il magazziniere già ai tempi di papà. Anche io mi ricordavo bene di lui. Beh… grazie a tutto quell’amore che mi riversò Zoso, poi riuscii a entrare in campo. Però poi che emozione quando il grande Bearzot, da capitano del Torino, per l’ultima giornata del campionato del 1963, prima della partita a San Siro contro di noi dell’Inter già laureati campioni d’Italia, mi consegnò la maglia di mio padre col tricolore sul petto. Immenso Bearzot. Un gesto… pazzesco per me. Ogni tanto riprendo in mano quella maglia e torno a guardarla…».


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«Per me la Juve rappresenta da sempre una sana, grandissima rivalità sportiva. Volevo sempre vincere, anche a costo di lasciarci le penne. Certo, sono diventato una bandiera nerazzurra, ne sono orgoglioso, l’Inter è stata e sarà per sempre la mia vita. Ma anche il Torino, per via di papà, occuperà per sempre una parte del mio cuore. Se non fosse morto, sarei diventato un giocatore del Torino. È sicuro. È vero che lo voleva l’Inter e che lui era tentato, me lo hanno raccontato, ma io penso che al momento della decisione finale, sì o no, dopo aver parlato col presidente Novo, non se la sarebbe sentita di lasciare il Torino, l’avrebbe visto come un tradimento… E sarebbe rimasto, a costo di guadagnare molto meno. E così io avrei iniziato a giocare nel vivaio granata. E poi magari sarei diventato anch’io una bandiera del Toro, chissà… Quando giocavo al Fila, mi sembrava di vivere in un mondo fantastico. Speravo di diventare un calciatore del Torino come papà, un giorno. Pardon, del Toro. Poi c’è stato quel breve periodo da ds nel Torino di Cimminelli e Romero. Mi chiamarono. Dissi di sì perché era il Torino che mi chiamava. E mi pareva di non poter dire no, al Torino. Ma se fosse stata un’altra squadra… no, grazie… c’è solo l’Inter».

 

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