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Mazzola: “Potevo diventare ds della Lazio ma non volevo tradire l’Inter. Dissi…”

Ai microfoni de Lalaziosiamonoi.it, la bandiera nerazzurra Sandro Mazzola ha fatto il punto sulla situazione in casa Lazio in vistad ella sfida di campionato con l’Inter: Mazzola, in casa Lazio ancora acque agitate. Reja a Formello, alle...

Francesco Parrone

Ai microfoni de Lalaziosiamonoi.it, la bandiera nerazzurra Sandro Mazzola ha fatto il punto sulla situazione in casa Lazio in vistad ella sfida di campionato con l'Inter:

Mazzola, in casa Lazio ancora acque agitate. Reja a Formello, alle prese con l’undici anti-Inter; Petkovic e i suoi avvocati a ribadire che di allenatore della Lazio ce n’è uno, e non è friulano. Se non fosse paradossale, verrebbe da ridere. E al solito, a pagarne le conseguenze in termini di serenità, la Lazio e i suoi tifosi.

“In effetti, leggendo in questi giorni i quotidiani, sono rimasto basito anche io. È una situazione molto particolare, confusa, difficilmente si rinviene un precedente. Però mi sento di dire che io appoggio le mosse della Lazio, che mi pare vadano verso un chiarimento della situazione. La società non può rimanere con le mani in mano e deve protendere per un rasserenamento del quadro. Io apprezzo la chiarezza nelle cose e, a giudicare da fuori, il tentativo di raggiungerla mi pare lo stia facendo la società biancazzurra”.

Innegabile che anche questa vicenda della guida tecnica sia lo specchio della stagione: confusione, risultati sotto le aspettative, difficoltà a venirne a capo. Insomma dai fasti del 26 Maggio all’esonero di Petkovic, sembra passata un’eternità.

“E, se conosco un po’ il mondo del calcio e dei tifosi, con la Roma che va come un treno le cose si ingigantiscono ancor di più. So di che parliamo, anche a Milano l’erba del vicino è sempre più verde. Non so spiegarmi la stagione sottotono dei biancazzurri. Mi lasci dire che la Lazio, i giocatori di qualità li ha, e nemmeno pochi. Non saprei se qualcosa nella preparazione estiva non ha dato i suoi frutti, forse anche l’ambientamento complicato dei nuovi arrivati, molti dei quali giovani d’età. Quello che le posso dire è che guardando le partite della Lazio avverto come un sentimento di incertezza in mezzo al campo, come se non si sapesse bene cosa fare, ma soprattutto come e quando farlo. Inevitabile che gioco e risultati ne risentano”.

Sulla lavagna, alla voce “cattivi”, oltre alla società e ai suoi dirigenti, i tifosi, esasperati, hanno scritto anche nomi eccellenti: Hernanes, Marchetti, perfino Klose ha ricevuto critiche… che ne pensa?

“Le rispondo con le parole di un dirigente di tanti e tanti anni fa, che mi vide crescere non solo calcisticamente: ai bravi ragazzi facciamo sposare la figlia del presidente, quelli bravi a giocare li mandiamo in campo, quelli così così li facciamo guardare (ride divertito, ndr). Credo che il senso sia chiaro. Trovo inimmaginabile criticare giocatori che mi citava lei. Sono giocatori di talento che pagano il momento, la stagione, ma senza i quali si fa bruttissima. Reja dovrà essere bravo e ripartire, come mi pare stia già facendo, proprio da loro. Hanno esperienza, classe, la giusta cattiveria. Hanno in mano le chiavi per far ripartire la macchina biancoceleste”.

Uno dei reparti più in difficoltà, e che la cura Reja dovrà rivitalizzare, è parso essere la difesa: errori dei singoli, ingenuità e tanti altri “disastri”; si vocifera di un interessamento per Cannavaro del Napoli (ndr). Anche lei è d’accordo che la retroguardia sia il punto debole della Lazio?

“Guardi, il calcio non si inventa. Bisogna saper programmare, valutare, scegliere e poi agire. Se la Lazio prendesse Cannavaro, ad esempio, farebbe un grande acquisto, coniugherebbe qualità ed esperienza; peccato che non trovi spazio nella difesa di Benitez. Ho però la sensazione che la difesa biancoceleste non sia protetta a sufficienza dal centrocampo, che mi pare essere il reparto con più “crisi di fiducia” di tutta la squadra. Momenti di sfiducia ne ho avuti tanti anche io durante la mia carriera, anche quando militavo con quell’Iter che vinceva tutto. I risultati non arrivano, i tifosi borbottano e tutto si complica. Sa cosa faceva il mio grande maestro di calcio e di vita, Helenio Herrera? Come diceva lui, prima “allenare la testa, poi pensiamo alle gambe”. E ci 'confessava' uno ad uno. Mi pare che Reja sia la persona più adatta per fare la stessa cosa. Ha carisma, ascendente sui giocatori, conosce bene la piazza, è un allenatore che l’intero movimento stima e rispetta. Miglior scelta per rimettere le cose a posto credo che Lotito non potesse fare”.

Tornando per un momento indietro nel tempo, è vero che poteva diventare il direttore sportivo della Lazio ai tempi stellari della Lazio di Cragnotti?

“Verissimo. Il Presidente mi telefonava spesso, avevamo un ottimo rapporto. Voleva diventassi appunto direttore sportivo della Lazio, che sposassi i suoi progetti, che aiutassi la Lazio a crescere. Mi sentivo lusingato, ma ogni volta che ne parlavamo, facevo presente al Presidente come, al di là del ruolo che avevo nell’Inter a quel tempo (Mazzola è stato direttore sportivo dei milanesi dal 1995 al 1999, sostituito poi da Gabriele Oriali, ndr), non potessi lasciare quella consideravo 'casa mia' più che la società per cui lavoravo. Farò parte di un altro calcio, ma certi sentimenti non si dimenticano”.