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Lo stadio di Milano porta il suo nome. Oggi Milan e Inter si sfideranno al 'Giuseppe Meazza', impianto intitolato alla leggenda del club nerazzurro ed ex calciatore rossonero. Silvana , una delle figlie di 'Peppin', ha rilasciato un'intervista ai microfoni de' La Gazzetta dello Sport.
Fu il primo calciatore “divo”: a chi lo paragona oggi?
"Per la popolarità e i gol a Cristiano Ronaldo. Mio padre sponsorizzava tutto: tacchetti, oli, brillantina. Ma aveva un carattere diverso da CR7, non era vanitoso per niente".
E come erano i derby di Milano in casa Meazza?
"Da giocatore soffriva alla vigilia. E anche dopo aver smesso era “la partita”. Il cuore batteva per l’Inter, ma era imparziale: ha sempre riconosciuto la grandezza del Milan".
Ci ha pure giocato un paio di anni... Come ha vissuto in cuor suo quel trasferimento?
"In famiglia glielo abbiamo rinfacciato per anni, ma non era un tradimento. L’Inter non credeva nella sua rinascita, giusto accettare una nuova sistemazione. In rossonero nel 1941 segnò un 2-2 da ex che lo fece piangere. C’erano tifosi nerazzurri che gli tennero il muso per anni: uno lo chiamavano Mangiaramàda, mangiarete, perché soffriva tanto da mordere la recinzione. Un altro era Angelo Moratti...".
Ibra e Lukaku oggi si rivedono: che cosa direbbe loro il grande Peppino?
"”Ragazzi, fate pace e godetevi la partita. Perché siete fortunati e lo sport va sempre goduto...”. Anche lui ha avuto i suoi momenti di ira, era umano, ma tutto era vissuto con ingenuità. Romelu e Zlatan sono i miei giocatori preferiti di questo derby: amo chi sa decidere le partite. Negli ultimi anni mi sono goduta la rivalità Messi-Ronaldo e ora c’è Mbappé...".
Cosa ha provato quando San Siro prese il nome di papà?
"Era il 2 marzo 1980, prima di un Milan-Inter 0-1, gol di Oriali che ci ha avvicinato allo scudetto. Ero talmente emozionata che feci tirar giù il drappo sulla targa a Federico, allora 11enne. Oggi dirige l’Inter club di Madrid: si è trasferito prima del Triplete, se non è un segno del destino...".
Quando è stata l’ultima volta con papà a San Siro?
"Stagione 1977-78, l’ultima partita di Facchetti. Mio padre gli voleva bene, l’aveva cresciuto con Mazzola. Ma ha fatto in tempo a vedere un giovanissimo Franco Baresi: “Questo diventa un campione, gioca sempre a testa alta”, mi disse".
Le piace, invece, l’idea di un nuovo stadio?
"Mi dispiacerebbe fosse demolito, anche in parte, perché è un simbolo di Milano. E spero che qualunque stadio futuro si chiami ancora Giuseppe Meazza, detto Peppìn".
(L'intervista integrale nell'edizione cartacea de' La Gazzetta dello Sport)
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