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La stretta sui bilanci delle società calcistiche impressa dal presidente della Uefa, Michel Platini, sta cominciando a dare i primi risultati. Secondo i dati contenuti nel rapporto sullo stato di salute finanziaria del movimento calcistico europeo, esaminato dall’esecutivo Uefa nella riunione di venerdì 20 settembre a Dubrovnik, il rosso di bilancio aggregato dei 273 club partecipanti alle edizioni 2013-2014 della Champions League e dell’Europa League, si è ridotto considerevolmente (36%), passando dalla perdita record di 1,67 miliardi di euro realizzata nell’esercizio 2011 a un deficit aggregato di 1,06 miliardi, inferiore agli 1,16 miliardi del 2009, ma ancora lontano dal rosso di 636 milioni del 2008. In un anno, dunque, anche alla luce dell’introduzione del regolamento sul fair play finanziario, entrato in vigore con l’approvazione dei rendiconti del 2012, i club iscritti alle due massime competizioni continentali sono riusciti ad assorbire perdite per 610 milioni. Questo è stato possibile grazie al continuo incremento dei ricavi (+6,9%), che hanno raggiunto la cifra record di 8,1 miliardi (pari al 57% del giro d’affari degli oltre 700 club partecipanti ai principali campionati nazionali, stimato in 14,1 miliardi) che ha più che compensato l’incremento del monte-ingaggi, cresciuto sì del 6,5% toccando quota 5 miliardi, ma con un tasso di crescita inferiore a quanto incassato dai club.
Complessivamente i costi di gestione si sono attestati a livello complessivo a 7,7 miliardi, tanto che il margine operativo lordo aggregato relativo all’esercizio 2012 dei club iscritti alla Champions e all’Europa League è risultato positivo per 400 milioni, mentre l’anno prima era stato negativo per 120 milioni. Nell’ultimo esercizio analizzato dall’Uefa (quello 2012), dunque, da un punto di vista aggregato i costi operativi sono stati pari al 95% dei ricavi, mentre il costo del personale ha inciso per il 61%. Il rapporto non fornisce il dettaglio per i singoli club. Sulla base degli ultimi bilanci approvati (quelli presi a riferimento dai tecnici di Platini) è tuttavia possibile fare un confronto tra l’intero sistema e i 6 club italiani (compresa l’Udinese eliminata nei play-off dell’Europa League) che partecipano alle due massime competizioni europee. Da questo punto di vista il Milan, dopo aver intrapreso con forza la strada del rigore di bilancio, si dimostra perfettamente in linea con il sistema. In base ai dati contenuti nel bilancio al 31 dicembre 2012 del club rossonero il peso dei costi operativi (esclusi dunque ammortamenti e svalutazioni) sui ricavi (al netto del player trading) è pari al 96%, mentre l’incidenza del monte salari sul fatturato è sceso dall’85% del 2011 al 66%. In linea con la media continentale anche la Lazio di Claudio Lotito. Sulla base del bilancio al 30 giugno 2012 l’incidenza dei costi operativi sui ricavi è pari 91%, mentre gli stipendi pesano per circa il 67%.
Dal dato aggregato si discostano invece, ma solo in parte, Fiorentina e Udinese. Entrambe le società, che hanno chiuso in utile l’ultimo bilancio approvato (31 dicembre 2012 per i viola, 30 giugno 2012) grazie al player trading, mostrano un’incidenza dei costi operativi sul fatturato (al netto delle plusvalenze) superiore al 100%. Allo stesso tempo il peso del monte salari sui ricavi è in linea o inferiore alla media europea: 69% per il club della famiglia Della Valle, 53% per quello controllato da Gianpaolo Pozzo. Agli antipodi, invece, le situazioni relative alla Juventus e al Napoli. In attesa dell’approvazione del bilancio al 30 giugno 2013, che dovrebbe mostrare importanti segnali di miglioramento rispetto all’esercizio precedente, al 30 giugno 2012, il club presieduto da Andrea Agnelli mostrava un’incidenza dei costi operativi sui ricavi (al netto del player trading) del 105%, mentre il peso del monte ingaggi sul fatturato era pari al 76%. Questo nonostante nell’esercizio 2012 il costo del personale dei bianconeri (circa 150 milioni) fosse inferiore a quello del Milan (183,8 milioni), il quale però poteva contare su ricavi di gran lunga superiori (275,9 milioni contro i 195,4 milioni della Juve).
Meglio della media continentale ha fatto invece il Napoli di Aurelio De Laurentiis. Sulla base del bilancio al 30 giugno 2012 (quello preso in esame dall’Uefa), l’incidenza dei costi operativi sui ricavi (sempre al netto del risultato del player trading) era infatti del 65%, mentre il peso del monte ingaggi era limitato al 39%. Ampiamente al di sotto, dunque, al dato aggregato del 61% dei 273 club presi in esame dai tecnici della federazione europea. Tra questi, non essendosi qualificata per le competizioni europee per la stagione 2013-2014, non figura l’Inter, prossima a finire sotto il controllo dell’uomo d’affari indonesiano Erick Thohir. Confrontando l’ultimo bilancio disponibile del club nerazzurro, quello al 30 giugno 2012, con il dato aggregato dei club presi in considerazione dall’Uefa, il risultato sarebbe drasticamente negativo. L’incidenza dei costi operativi (248,37 milioni) sui ricavi al netto del player trading (190,72 milioni) era infatti del 130%, mentre il peso del costo del personale (165,28 milioni) era pari all’86%. Tra i club iscritti alla Champions League e all’Europa League solo una società ha fatto peggio dei nerazzurri sotto questo punto di vista: i russi dell’Anzhi, la società rilevata nel gennaio del 2011 dal magnate russo Sulejman Kerimov, balzata all’onore delle cronache perle faraoniche campagne acquisti e per gli ingaggi astronomici offerti ai calciatori (nell’agosto 2011 aveva acquistato Samuel Eto’o proprio dai nerazzurri per 25 milioni), ma che ora ha intrapreso un processo di progressivo smobilizzo cedendo i pezzi più pregiati ai ricchi club della Premier League inglese.
Neanche il Manchester City e il Bordeaux, che per ragioni differenti figurano alle spalle dell’Anzhi nella rilevazione Uefa, hanno fatto peggio dell’Inter. Il monte-ingaggi dei citizen dello sceicco Mansour pesa infatti l’83% dei ricavi (cresciuti anche grazie alle sponsorizzazioni provenienti da Abu Dhabi). I Girondins di Bordeaux, al contrario, hanno costi di soli 55 milioni, ma a fronte di ricavi per 65 milioni (84%).
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