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È stato Massimo Moratti a dettare la linea, spiega Fabio Monti dalle pagine del Corriere della Sera: «Nessuna volontà di interferire, ma il problema è sempre lo stesso. Il calcio non è argomento da premi Nobel, però è un microcosmo molto particolare e occorre conoscerne meccanismi e sfumature, per muoversi al momento giusto e senza far danni. D’altronde Thohir è tornato a Giacarta; Bolingbroke è impegnato con i conti, Fassone e Ausilio con il mercato; Zanetti non ha mai ricevuto l’investitura per occuparsi delle questioni tecniche. Dimenticare l’obiettivo di partenza del terzo posto può aiutare a superare lo stress del momento. Mancini aveva provato ad alzare l’asticella, per vedere se la squadra era reattiva, ambiziosa, pronta al salto in alto e a costruire il proprio futuro, mettendo il gioco al centro del progetto. Per ora la riposta è stata negativa. Due partite in cinque giorni (la Juve a Torino e il Genoa a San Siro) avevano illuso tutti. Poi è venuta la trasferta di Empoli, poco gioco, ma un punto prezioso e la doppia sconfitta con Torino (eccessiva, il risultato giusto era 0-0) e Sassuolo».
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