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Monti (CorSera): «Quanti soldi buttati dal 1999, i club stranieri ringraziano»

Dalle pagine del Corriere della Sera un’analisi di Fabio Monti mette in luce le storture del calcio italiano e la scriteriata dissipazione di un patrimonio che andava investito in modo totalmente diverso: «Nella prima stagione di diritti...

Lorenzo Roca

Dalle pagine del Corriere della Sera un'analisi di Fabio Monti mette in luce le storture del calcio italiano e la scriteriata dissipazione di un patrimonio che andava investito in modo totalmente diverso: «Nella prima stagione di diritti individuali tv (1999-2000), le società di A e B avevano incassato l’equivalente di 401 milioni di euro, cifra salita a 687 milioni nel 2008-2009, grazie anche all’introduzione del digitale terrestre (gennaio 2005). La contrattazione individuale ha creato forti diseguaglianze e infinite polemiche fra i club. Un esempio. Nel campionato 2007-2008, la Juve aveva incassato 92 milioni, l’Inter 87, il Milan 84, l’Atalanta 14, l’Empoli 12 e il Siena 11. Al di là di questo aspetto conflittuale, la domanda è: come sono stati utilizzati questi soldi dalle società? Nel modo indicato da Malagò. Juve a parte, nessuno ha pensato di destinare una fetta dei ricavi alla costruzione di uno stadio di proprietà. Non solo, ma l’improvvisa ricchezza ha prodotto una scarsissima differenziazione delle entrate, al punto che i diritti tv hanno finito per diventare la più importante fonte di ricchezza e hanno ridotto l’attenzione per altri possibili introiti (merchandising, impegno contro la contraffazione dei marchi, aumento delle presenze negli stadi, sempre più vuoti). E a partire dal 1999 si è scatenata la corsa all’acquisto al rialzo dei giocatori, soprattutto stranieri (molti con storie misteriose, perché i fuoriclasse sono sempre investimenti), a un allargamento sconsiderato delle rose, a una lievitazione infinita degli ingaggi dei giocatori. I quali hanno fatto a gara ad alzare il livello delle richieste economiche, per continui ritocchi di ingaggio (anche due in una sola stagione). In A, gli stipendi sono stati distribuiti a pioggia, offrendo cifre fuori mercato alla fascia mediana dei giocatori: strappare un triennale ha significato mettersi a posto per due generazioni. In più c’è stata Calciopoli. E il risultato finale è che i soldi sono finiti. I fuoriclasse vanno altrove e chi c’è rischia di dover partire. I club stranieri ringraziano».