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Le cifre non mentono mai e spesso chiariscono molti dubbi nel mondo del pallone nostrano. Reltaivamente all'impoverimento del calcio italiano, Fabio Monti del Corriere della Sera ricorda che: «Nel periodo compreso fra il 1° luglio 1999 e il 30 giugno 2010, le società di A hanno incassato dalla cessione dei diritti tv 5.909 milioni di euro (5.060 milioni per i diritti criptati e 849 per i diritti in chiaro) e hanno presentato un debito vicino ai 2.000 milioni di euro. Il 1999 è l’anno in cui i diritti criptati diventano soggettivi sulla spinta dell’allora presidente della Roma, Franco Sensi, che si era battuto perché la vendita centralizzata riguardasse soltanto i diritti in chiaro (quelli di «90° minuto», Coppa Italia, «Tutto il calcio»). Dal 1° luglio 2010 i diritti criptati sono tornati ad essere collettivi (legge Melandri, primavera 2007), con la Lega che ha affidato la vendita di tutti i diritti tv a un advisor, Infront. La tv è sempre stata una specie di Eldorado per il calcio italiano, da quando nel giugno 1981, l’interesse di Canale 5 aveva posto fine alla famosa formula, dopo un tempo di una partita di A. Nel 1990, la Lega era riuscita a vendere i diritti di A e B per 324 miliardi di lire per tre anni. Nel periodo 1996-1999, le 38 società erano riuscite a portare a casa 1.198 miliardi di lire fra diritti in chiaro (Rai) e criptati con la nascita di Telecalcio (270 miliardi), cioè la possibilità di vedere la partita di una squadra in diretta. L’introduzione dei diritti individuali ha rivoluzionato lo scenario».
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