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È passato un anno da quando Andrea Stramaccioni è diventato allenatore dell’Inter. Il Corriere della Sera li ripercorre: «Dodici mesi vissuti pericolosamente. Tutto comincia domenica 25 marzo 2012: al nuovo tecnico arriva qualche segnale già al mattino di lunedì 26 marzo, ma la decisione finale matura soltanto alle 21. Qualcuno gli consiglia di non accettare, ma quando il presidente convoca Stramaccioni, romano, classe 1976 (come Ronaldo, tre anni meno di Zanetti), in località segreta (di fronte alla sede del Milan), la preoccupazione vera è quella di dare una risposta seria e credibile alla domanda: se lei diventasse l’allenatore della prima squadra che cosa farebbe? Il tecnico non ipotizza rivoluzioni o promozioni in massa dei ragazzi, ma parla di qualità, di valorizzazione della rosa, della necessità di rendere più reattiva la squadra in partita, modificando in parte gli allenamenti, per quello che si può fare a fine marzo.
Moratti decide il cambio. Il momento più delicato arriva il 27 marzo, quando Stramaccioni incontra la squadra, la stessa che per mesi ha visto allenarsi al di là della siepe. Però l’impatto è convincente, il tecnico piace allo zoccolo duro dello spogliatoio, perché lo trova preparato e l’esordio (1˚ aprile) è scoppiettante: 5-4 al Genoa. Che Stramaccioni piaccia, lo si capisce subito dai commenti presidenziali, e non solo perché con lui segna persino Zarate, ma la decisione di confermarlo coincide con la vittoria di Udine (3-1, 25 aprile). A legittimarla arriva la vittoria nel derby (6 maggio, tre gol di Milito), il 4-2 che consegna lo scudetto alla Juve.
Invece del preliminare di Champions League, l’Inter scopre di doverne giocare due in Europa League, ma questo non incrina le certezze di Moratti, convinto che il tecnico sia giovane, ma preparato, con poca esperienza, ma con idee chiare: non ha giocato a calcio, ma studia molto e sa di calcio. È un’estate tormentata. Quando sfuma Lucas (al Psg), Stramaccioni sceglie la soluzione alternativa: via Pazzini, considerato un doppione di Milito, e avanti con Cassano. I nerazzurri cominciano a giocare già il 2 agosto (a Spalato); l’esordio in campionato è scoppiettante (3-0 al Pescara), il seguito meno (Roma). La sconfitta del 23 settembre a San Siro con il Siena sembra aprire un momento di grande crisi. Invece Stramaccioni ha le energie e le intuizioni per ripartire dal 2-0 in casa del Chievo, primo atto di dieci vittorie consecutive. Battuto il Milan con Samuel, l’Inter va a vincere anche a Torino, mettendo fine all’imbattibilità della Juve in campionato, dopo 49 partite. Il secondo posto a un punto dai bianconeri fa credere che lo scudetto sia un obiettivo possibile.
C’è anche chi paragona Stramaccioni a Mourinho, invece inizia una fase negativa, fra infortuni, condizione declinante, scelte tattiche discutibili. L’Inter perde con Atalanta, Parma e Lazio; arriva allo stop di Natale stanchissima. Le vacanze lunghe di fine anno hanno effetti devastanti e la prima parte del 2013 è largamente insufficiente: la squadra continua a perdere lontano da San Siro (anche a Siena), prima e dopo il divorzio da Sneijder. Cassano litiga con Stramaccioni, cinque giorni dopo aver pareggiato nel derby; infortuni e stanchezza complicano tutto. La zona Champions si allontana, l’ultima immagine dell’Inter, dopo il k.o. con il Bologna, è il 4-1 al Tottenham (14 marzo), bello, ma inutile. Il futuro resta incerto, Stramaccioni ha scoperto il senso della solitudine di chi allena. Ha saputo offendersi («Inter provinciale», «Inter spensierata»), ma anche chiedere scusa (dopo il Siena e il Bologna). Forse Moratti, che chiede un cambio di passo, ha già deciso. Per la continuità».
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