Ha notato che adesso, rispetto al passato, i tifosi si interessano anche delle finanze del club?
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“È vero, adesso danno anche un giudizio sull’economia della società, prima non è mai fregato a nessuno”. (Ride, ndr).
Ai suoi tempi era più difficile, si pretendeva di più.
“Sono stato io ad abituarli così, era il mio modo di intendere il ruolo. Non è colpa loro”.
Ci sono famiglie che ancora resistono ai fondi, prendendole ad esempio, si è pentito di aver venduto troppo in fretta? Forse con un altro tipo di gestione e con la maggiore comprensione dei tifosi…
“No, anzi, penso di aver venduto tardi. 18 anni sono tanti. Poi l’ambizione dell’Inter è diversa rispetto a quella di altre società. La volontà è quella di competere sempre al massimo e questo sentimento ti porta automaticamente a sovvenzionare generosamente il club”.
Ha deciso per questo di vendere?
“Sì. Non avrei potuto fare diversamente perché sono tifoso anche io e sarebbe stato troppo difficile per me mettermi sul piano di una amministrazione mirata al risparmio. Mi sono tenuto le mie perdite e la società non ne ha sofferto, ma andando avanti sarebbe stato molto più difficile per me”.
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