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Mourinho: “In Italia mi sono sentito aggredito dagli arbitri. Ho paura di…”

Matteo Pifferi Redattore 

"Budapest, da un punto di vista umano, è stata una delle più belle esperienze della mia carriera", commenta Mourinho

Nel corso di un'ampia intervista al Corriere dello Sport, José Mourinho ha parlato del suo rapporto con gli arbitri italiani e internazionali:

«Se facciamo Uefa di qua e Italia di là, mi sento molto meglio quando parlo di Uefa e meno di Italia. In Italia mi sono sentito aggredito, hanno violato la mia libertà di uomo, la mia libertà di uomo di calcio, la mia libertà non di grande allenatore, perché in queste situazioni non ci sono grandi o piccoli allenatori, siamo tutti uomini. Qui non mi sento più a mio agio. Ho paura di ricevere altre squalifiche, ho paura di dover tornare a sentire tutto quello che ho ascoltato o letto in questi due anni. Se mi dici José, parliamo di Budapest, ci sto. Però se mi chiedi di parlare di Italia, di sconfitte politiche, di opinioni espresse dalla gente e anche di offese ricevute, la cosa mi disturba. Ho detto paura, forse paura è eccessivo, fastidio è meglio. Penso che, a livello istituzionale, avrebbero dovuto trattarmi diversamente, da uomo di grande esperienza internazionale, uno che ha allenato in Inghilterra, in Spagna».

È vero tuttavia che hai sempre avuto un rapporto conflittuale con la classe arbitrale.

«Ho detto di Chiffi le stesse cose che Modric ha detto di Orsato, esattamente le stesse. Sono innamorato di Modric, ma non sono d’accordo con lui quando dice che Orsato è un arbitro scarso. Orsato è bravissimo. Ho detto la mia su Chiffi e avete visto le conseguenze. Modric ha parlato dopo una semifinale del Mondiale ed è arrivato a miliardi di persone, io alla fine di Monza-Roma. L’ex pallone d’oro non ha subìto squalifiche, io la gogna. Se vuoi parliamo di Budapest, che è certamente meglio».

Le 4 giornate di Mourinho.

«Budapest, da un punto di vista umano, è stata una delle più belle esperienze della mia carriera, perché ho visto di tutto, cose bellissime, ho visto una processione di romanismo, ho visto gente che sicuramente non ha mangiato bene per qualche settimana pur di essere presente, ho visto un gruppo di giocatori solido, la gente che lavora vicino a noi a Trigoria, con una passione incredibile. Ho visto gente che inseguiva un sogno assolutamente fantastico e ha vissuto la tristezza della sconfitta. Bobby Robson mi ripeteva spesso che nel momento della tristezza devi pensare alla gioia di chi ha vinto. Ho seguito il suo consiglio, ho voluto stare vicino alla nostra gente e abbiamo rispettato la gioia dei tifosi del Siviglia, abbiamo salutato i nostri colleghi spagnoli, ci siamo comportati, dentro al campo, con una correttezza e un’umiltà eccezionali».


Ma poi sei sceso nel tunnel per dire qualcosa all’arbitro Taylor. L’indimenticabile «fuckin’ disgrace”.

«Taylor non era lì, non c’era».

Come non era lì?

«Taylor era rimasto dentro lo stadio e il giorno dopo l’hanno trovato all’aeroporto».

Scusa, ma a chi era rivolto “fuckin’ disgrace”?

«C’erano gli altri, non Taylor, c’erano il quarto uomo, gli assistenti, Rosetti e Howard Webb, il direttore tecnico degli arbitri della Premier. Taylor non c’era. Ti stavo dicendo che da un punto di vista umano è stata un’esperienza fantastica, eccezionale, anche perché, alla sesta finale, ho perso per la prima volta, conoscevo il lato bello della festa europea e non avevo mai vissuto il brutto. Per questo dico che da un punto di vista umano mi ha in qualche modo arricchito».

Torniamo a Taylor.

«Te lo spiego dopo quello che è successo, la verità. Finisce la partita, io entro in campo e sto con la mia famiglia e le famiglie dei giocatori, vedo tanta gente piangere, io non piango mai dopo una sconfitta... Assorbo tutte quelle emozioni. Torno perché voglio stare con i giocatori in quel momento di tristezza assoluta, e con i tifosi. Porto i giocatori dai tifosi e dai giocatori del Siviglia e a ricevere le medaglie, partecipiamo alla cerimonia, siamo impeccabili. In quei minuti ho sentito che dovevo essere il padre di famiglia, per questo ho detto al gruppo “resto con voi anche l’anno prossimo”. La reazione dei ragazzi è stata splendida, in quel momento è finito tutto».