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Ma poi sei sceso nel tunnel per dire qualcosa all’arbitro Taylor. L’indimenticabile «fuckin’ disgrace”.
«Taylor non era lì, non c’era».
Come non era lì?
«Taylor era rimasto dentro lo stadio e il giorno dopo l’hanno trovato all’aeroporto».
Scusa, ma a chi era rivolto “fuckin’ disgrace”?
«C’erano gli altri, non Taylor, c’erano il quarto uomo, gli assistenti, Rosetti e Howard Webb, il direttore tecnico degli arbitri della Premier. Taylor non c’era. Ti stavo dicendo che da un punto di vista umano è stata un’esperienza fantastica, eccezionale, anche perché, alla sesta finale, ho perso per la prima volta, conoscevo il lato bello della festa europea e non avevo mai vissuto il brutto. Per questo dico che da un punto di vista umano mi ha in qualche modo arricchito».
Torniamo a Taylor.
«Te lo spiego dopo quello che è successo, la verità. Finisce la partita, io entro in campo e sto con la mia famiglia e le famiglie dei giocatori, vedo tanta gente piangere, io non piango mai dopo una sconfitta... Assorbo tutte quelle emozioni. Torno perché voglio stare con i giocatori in quel momento di tristezza assoluta, e con i tifosi. Porto i giocatori dai tifosi e dai giocatori del Siviglia e a ricevere le medaglie, partecipiamo alla cerimonia, siamo impeccabili. In quei minuti ho sentito che dovevo essere il padre di famiglia, per questo ho detto al gruppo “resto con voi anche l’anno prossimo”. La reazione dei ragazzi è stata splendida, in quel momento è finito tutto».
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