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Mulè: “Il calcio italiano va malissimo. Non c’è più tempo da perdere. La mia legge…”

Gianni Pampinella Redattore 
Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Giorgio Mulè ha parlato dell'emendamento che porta il suo nome e delle difficoltà del calcio italiano

Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Giorgio Mulè ha parlato dell'emendamento che porta il suo nome. Un emendamento nato per dare più peso alla Lega di Serie A rispetto alle altre componenti federali.

Onorevole, ha detto che il primo gol è fatto e adesso inizia la partita per il bene del calcio italiano. Ma è una partita lunga, si rischiano supplementari e calci di rigore…

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«E si rischia di falsarla se nonostante ci siano le nuove regole si trovi sempre la modalità o di aggirarle o di non applicarle. Per cui non vorrei che al vecchio adagio “Fatta la legge, trovato l’inganno” si sostituisse un “Fatta la legge, si va avanti con l’inganno”. Questo non è accettabile, perché c’è un problema di rispetto di relativi ruoli, in primis per il Parlamento. È una norma che va applicata, non è programmatica come ho sentito dire. Non si può disconoscere una legge dello Stato, non è possibile che questa legge abbia una valenza che si può far equiparare a un pensierino o un “vorrei”. La legge è legge e quindi si applica. Il decreto legge già è un atto che ha valore di legge, questo dl modificato sarà legge entro il 30 luglio».

Parla di inganno: ci spiega?

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«L’inganno risiede nel non avere mai riconosciuto quel principio di equa rappresentanza che è all’esterno del perimetro della federazione e vale in tutti gli ambiti del vivere civile».

Ma perché allora finora non è mai stato fatto nulla ?

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«Qualche tentativo negli anni scorsi è stato fatto, ma si è sempre rinviato, che è un vizio comune per chi vuole conservare, che poi significa conservazione del potere. Ma poi arriva quel matto di Mulè che fa l’emendamento...».


Esiste un numero giusto per la rappresentanza della Serie A in Consiglio Federale?

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«Detto che l’emendamento è chiaro nella sua formulazione, nel rispetto degli statuti delle federazioni si parla di adeguata rappresentanza. Mi chiede quanto è? L’equa negli organi direttivi, che deve tenere conto anche del contributo economico, non può essere del 12% a fronte di un versamento di 1,3 miliardi di tasse. Non è pensabile una rappresentanza della A al 40%, ma dal 12% la si dovrà portare almeno al 23-24% che è una quota di minoranza, mentre quella attuale è di irrilevanza».

L’hanno pure minacciata...

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«L’esagerazione in politica ti porta poi a deviare alcune menti fragili. Sono stati trasformato in un bersaglio, identificato come la causa dell’eventuale mancata partecipazione delle squadre italiane alle coppe europee. Ma se ci fosse stato quest’allarme democratico sul calcio, perché Fifa e Uefa non hanno chiesto di essere sentiti dal Parlamento? Mah».

Gravina l’ha mai sentito?

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«Mai».

Sulle rappresentanze lei ha un’altra partita aperta.

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«Quella dei gruppi sportivi militari che non hanno rappresentanza né in Giunta né nel Consiglio del Coni. La legge c’è, mancano 34mila euro che la è condizione per la quale devono essere pagati per legge i rappresentanti. Rifaccio appello a Malagò: Giovanni per favore trova i soldi nelle pieghe di un bilancio ultra milionario del Coni e dai dignità ai Gruppi Sportivi Militari prima delle Olimpiadi di Parigi».

Onorevole, il calcio italiano va così male?

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«Malissimo. Non c’è più tempo da perdere, bisogna agire. E far sì che la Nazionale torni a far sorridere i bambini. Qui invece ogni volta è una tragedia...».

(Gazzetta dello Sport)