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Dalle colonne de La Repubblica, Gianni Mura analizza il duro scontro in diretta tv tra Massimiliano Allegri e Lele Adani avvenuto al termine di Inter-Juventus. "Mi divertono molto questi ispidi siparietti tra addetti ai lavori e talvolta ai livori. I duellanti di sabato sera a certi livelli ci sono arrivati. Allegri è stato giocatore ed è allenatore. Adani, giocatore e commentatore (non giornalista, per favore). Il gioco della Juve non gli piace. Padronissimo, non piace nemmeno a molti tifosi della Juve. Allegri è livornese, non sopporta l’idea che gli camminino sui piedi. Adani è complicato nel porre le domande, oltre che prolisso e discretamente pieno di sé. Per continuare a fare l’opinionista di Sky ha declinato l’offerta per fare da secondo a Mancini. Tanto meglio per gli azzurri. Vive il ruolo intensamente, sa essere ruvido anziché dispensare elogi, come molti suoi colleghi. Più diplomatici, forse. Certamente più umili. Il difetto di Adani è che ricorda terribilmente il primo della classe che non fa copiare. Comincia lui a deragliare verso il brusco , giudicando non serie e non sensate le parole di Allegri, che inizia ad accendersi. Poi tutti si parlano sopra, Allegri prende su e se ne va, non senza aver ricordato alla platea quanti scudetti ha vinto. Nel battibecco (adesso stai zitto, no stai zitto lo dici a tuo fratello: ma che gusto) si apprezza la spontaneità. E basta. Allegri dovrebbe imparare a gestire meglio il malumore, magari ricorrendo all’ironia, alla battuta. Lo pagano anche per questo, oso sperare. Le scene da primattore offeso, nello sport, non giovano a nessuno. E se è necessario aver vinto più scudetti di Allegri per poterlo criticare, può farlo solo Trapattoni. Su una cosa però ha ragione lui: il calcio è molto semplice. Provi a convincere non solo Adani ma anche tutti gli allenatori che insistono a parlare come Einstein non s’è mai sognato di fare".
(Repubblica)
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