Per Radja, Mousa non è un giocatore qualsiasi. Un paio di anni fa al trequartista con la cresta chiesero: «Chi sono i tuoi quattro idoli da bambino?». Lui iniziò l’elenco con Xavi, Ronaldo e Ronaldinho, ma il quarto nome fu sorprendente: «Mousa Dembélé: questa scelta è un po’ particolare, abbiamo solo un anno di differenza e abbiamo giocato insieme nelle giovanili del Beerschot: per me è stato sempre una fonte di ispirazione, ho imparato tanto da lui». E poi: «Mousa è uno dei giocatori più forti con cui ho giocato, insieme a Totti, Pjanic e Hazard. Difficilmente ho visto un calciatore con il suo talento. Quando giocavamo insieme ha fatto il salto prima di tutti in prima squadra, lui era davvero il migliore di tutti. Spero, un giorno, di riaverlo come compagno».
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Da Anversa sono partiti nel 2005: Dembélé è andato al Willem II e dopo al- l’AZ Alkmaar, in Olanda, poi ecco la Premier, Fulham e Tottenham. Radja, invece, ha scelto subito l’Italia, destinazione Piacenza, poi Cagliari e Roma. In modo diverso, lontani l’uno dall’altro, devono dire grazie agli insegnamenti della strada. Mousa, concentrato di eleganza, potenza e tecnica, i dribbling che faceva ai ragazzini di Anversa è riuscito a importarli in Inghilterra, dove il suo allenatore Pochettino l’ha definito «genio», paragonandolo addirittura a Maradona e Ronaldinho. Radja la fame di Linkeroever l’ha tramutata in rabbia e carattere, quelli che ha sempre fatto vedere in Serie A e con la maglia del Belgio. Tanto che per Luciano Spalletti, l’allenatore che l’ha trasformato a Roma e lo riavrà ora in nerazzurro, è «un alieno».
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