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E della squadra di oggi che gliene pare?
«È guidata magnificamente: da quando c’è Marotta le cose si sono messe a posto. Poi sono felicissimo di ciò che siamo, giochiamo come piace a me, con qualità».
Sacchi accusa l’Inter di non essere una vera orchestra, di dipendere troppo dai solisti: è d’accordo?
«Una grande orchestra non è semplicemente un insieme di individui che suonano insieme: ha bisogno del solista, del momento in cui un unico strumento venga fuori. Inzaghi è un direttore d’orchestra che privilegia il bello e anche lui, al momento giusto, chiama un oboe o un flauto e il suono non è mai sgraziato».
E chi sarebbero l’oboe e il flauto in nerazzurro?
«Non necessariamente i fuoriclasse come Thuram e Lautaro, che vorrei diventasse una bandiera. Per me un assolo è anche Dimarco che controlla il lancio di Asllani nel gol alla Roma. O una parata di Sommer dopo 80’ senza fare nulla».
Lei ha diretto per anni a Salisburgo. Cosa può raccontare la città di Mozart all’Inter?
«Sa chi tiferebbe oggi Mozart? Proprio l’Inter! Perché Mozart è imprevedibile, mai scontato, ti sorprende sempre proprio come la mia squadra, che non conosce la noia. La sofferenza in noi interisti è latente, però col Salisburgo non temo: questo girone va vinto».
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