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Orsato: “L’arbitro forte non perde sicurezza con il Var. Ora voglio insegnare”

Fabio Alampi Redattore 
L'ex direttore di gara, dopo essersi ritirato ad agosto, svela quali sono i suoi progetti professionali futuri

Daniele Orsato ha deciso di appendere il fischietto al chiodo ad agosto, ma non ha ancora intenzione di abbandonare definitivamente il mondo arbitrale. L'ormai ex direttore di gara veneto, migliore al mondo nel 2020, ha rilasciato un'intervista a Il Giornale: "Non ho mai tenuto niente per me: quel che sapevo, l'ho sempre passato ai più giovani. Non sono mai stato invidioso: mio papà era operaio metalmeccanico, mia mamma sistemava le camere negli alberghi: io e mio fratello ci passavamo i vestiti, ci siamo sempre accontentato di quel che avevamo".

C'è più o meno bisogno di grandi arbitri, oggi con il Var? Il Var deresponsabilizza?

"A me non è successo. Semmai, quando mi chiamavano al monitor, me la prendevo con me stesso perché forse mi era scappato qualcosa. Altri, magari, inconsciamente possono aver vissuto sensazioni diverse".

Ma il Var costringe a decisioni in differita: lo spettatore non ne è infastidito?

"Questione di tempo. Gli uomini sono molto restii ai cambiamenti, ma ci abitueremo a queste interruzioni e non ne parleremo più".

Con il Var quanto è cambiato, se è cambiato, il rapporto con i giocatori?

"I miei figli mi chiedono come sia Bellingham. Ma non è che ci parli o ci sia confidenza, c'è rispetto. Comunque il rapporto con i giocatori ha cominciato a migliorare già prima del Var. Con il Var l'arbitro forte non perde sicurezza, ma diventa ancora più bravo. Certo, non succede più di entrare negli spogliatoi e provare il sollievo dopo la conferma di aver preso la scelta giusta. Oggi è tutto immediato".


Il rapporto con gli allenatori?

"Con Mihajlovic avevo un rapporto diretto: ci si diceva le cose e finiva lì. E vorrei sottolineare che con i giovani serve pazienza. Collina con me ebbe coraggio nel ripropormi, anche quando sbagliavo. Sarri, scherzando, mi diceva "oggi mi sono comportato bene". Ma non serve farlo con Orsato, bisogna farlo con i giovani. Anche se, questo sì, si è abbassata tanto l'età di ingresso dei primi fischietti: a 14 anni non puoi essere pronto a gestire un'offesa come lo saresti a 19".

Restiamo in Europa: perché in coppa c'è un metro di arbitraggio diverso, più permissivo?

"Sono le squadre ad avere un atteggiamento diverso. Non sono gli arbitri a deciderlo, sono i giocatori. Il direttore di gara non pensa "oggi voglio fischiare poco": è la partita che decide e l'arbitro si adatta".

La nuove frontiere prevedono microfono live e spiegazioni delle scelte: è la direzione giusta?

"Anche agli Europei si faceva: non a voce, ma sullo schermo si davano spiegazioni".

Nelle scorse settimane sembrava destinato a far da consulente all'associazione arbitrale russa. La rinuncia ha motivi politici?

"Era un progetto serio, autorizzato Uefa e Fifa, che tra l'altro non vedeva la mia presenza in Russia. Semplicemente ha preso corpo una possibilità di formazione con l'Aia ed è stato doveroso dare la precedenza alla mia associazione, sperando che il progetto si concretizzi. Ho ricevuto tanto, vorrei dare ancora di più".

Anche da designatore?

"Non è un termine che mi piace. Vorrei insegnare, ma sono a disposizione".