- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
ultimora
Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico, ha concesso una lunga intervista al Corriere dello Sport, attaccando a testa bassa su temi scomodi come Calciopoli:
Partiamo dalla fine, dieci anni dopo, rileggendo la storia, Calciopoli c’è poi stata davvero?
«Certo che sì. L’opinione pubblica ne ha stabilito i confini sulla base delle partite, del numero dei protagonisti finiti a processo. Io dico che anche se per una sola persona, un solo dirigente, una sola partita, un solo arbitro, aver violato il principio fondamentale dello sport, la lealtà, significa avere Calciopoli. Ieri, oggi, domani».
Lei prese la macchina-calcio dalle mani di Guido Rossi: funzionava o era solo luccicante fuori ma senza motore?
«Il precedente Commissario ci mise nelle condizioni di farla ripartire. Ma bisognava affrontare mille tornati, mille curve. Ricordate il demone di tutti i demoni, il “diritto di veto”? Bisognava riscrivere lo Statuto, bisognava riorganizzare il Codice di giustizia, bisognava rivedere i conti, bisognava ridare fiducia all’Aia, bisognava ricostruire il rapporto con la Uefa, e Platini sa per chi ho votato... Bisognava garantire, soprattutto la quotidianità».
Il flash che le è rimasto in testa.
«I tavoli che avevo aperto con le componenti, perché in fin dei conti ero un Commissario sui generis, qualsiasi decisione, qualsiasi modifica doveva essere votata, mica potevo fare come volevo. Altro che Cgil, Cisl e Uil.... Ognuno era portatore di interessi particolari che pesavano più dell’interesse generale. Ricordo le nottate, ricordo in qualche caso i forti attriti, volavano non solo parole grosse, ma anche bottigliette e pezzi di carta. Però di ognuno conservo un ricordo nel cuore. Di Campana lo spessore e le doti da vero sindacalista, di Ulivieri la praticità, di Tavecchio l’intelligenza nel condurre una trattativa, di Matarrese la sensibilità politica, di Gussoni la capacità di riequilibrare il sistema arbitrale in tre mesi. Il primo a capire che bisognava fare un passo indietro fu Matarrese. Lo abbiamo fatto tutti».
Che cos’era Calciopoli, allora?
«Lo specchio di un Paese. Come lo è Mafia Capitale, come lo è stato Tangentopoli. E’ un’anomalia, una distorsione della società. Ma la colpa non è solo del calcio, dello sport. Che non ha modo di difendersi da solo e deve essere difeso».
© RIPRODUZIONE RISERVATA