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Sui nerazzurri incombe l’etichetta della favorita, quella alla quale Acerbi prova a ribellarsi. In un certo senso ha ragione, lui per primo è l’esempio di come a parametro zero o comunque a prezzi di saldo si possano pescare grandi affari. La strategia marottiana in questo senso è stata vincente. La società è riuscita a coniugare le esigenze di spending review con la competitività della rosa. L’Inter è cool, attrae la meglio gioventù europea, alla Pinetina si sta benissimo, i giocatori di talento la scelgono e si divertono un casino e San Siro è sempre pieno.
La Juve è cresciuta per sottrazione, attraverso i gregari, con i giovani della Next Gen che diventano protagonisti, con la mentalità allegriana che non sarà champagne, certo, ma funziona eccome. Se non è Gatti è Cambiaso, oppure Yildiz o Rabiot, la Juve trova sempre la strada. Non ha ancora del tutto esaltato il talento di Vlahovic e Chiesa (e questa può essere una significativa area di crescita) ma intanto ha saputo blindare la difesa. Se va in vantaggio difficilmente stecca, è successo solo nello scontro diretto di Torino e a Marassi col Genoa. Il blocco basso con la densità in mezzo è la sua comfort zone naturale, ne sa qualcosa Mou col possesso palla elegante ma improduttivo nella mezzora finale di Juve-Roma. Qualcuno degli #AllegriOut prima o poi potrebbe anche cambiare idea, non ci voleva molto a capire che il livornese non sarà Van Gogh ma nemmeno il Mutandari della mitica gag di Corrado Guzzanti. Le sue tele non verranno esposte al Guggenheim ma intanto arredano bene. Ed è solo grazie a questa Juve così efficace e pratica che la Serie A comincia questo nuovo anno senza che il finale della storia sia già scritto.
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