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Pavard: “Europeo? Noi favoriti ma Italia forte. Il gol all’Argentina e durante il Covid…”

Marco Astori Redattore 
Le parole del francese: "Non dimentico da dove vengo e come sono stato educato. Provo ad essere il più semplice possibile"

Nel corso dell'intervista concessa a Repubblica, Benjamin Pavard ha trattato anche diversi temi oltre a quelli calcistici.

Sul cartello d’ingresso al paese dov’è nato c’è scritto “città di Benjamin Pavard”.

«Mi fa piacere. I miei ci passano davanti ogni giorno tornando dal lavoro e ne sono fieri. Quel cartello è una ricompensa. Vengono ripagati dei sacrifici che hanno fatto per me. Ho lasciato casa a dieci anni per giocare a calcio. Sono figlio unico, è stata dura per loro. E sono la mia ispirazione. Papà per la forza mentale, mamma per la calma».

Perché un bambino di Jeumont sceglieva l’Inter alla playstation?

«Era davvero forte. Mi ricordo i tiri di Adriano».

Il nord della Francia viene raccontato nel film “Benvenuti al Nord”. Siete veramente così lassù?

«Io l’accento non ce l’ho. Alcuni lo amano, altri meno. Quello su cui il film non mente, è che da noi trovi persone adorabili, dal cuore d’oro. In Italia avete conosciuto Jean-Pierre Papin, anche lui è delle mie parti».

Sua madre avrebbe voluto che lei giocasse a basket.

«Ci giocava lei prima che io nascessi. Era brava. Ma io la palla da basket la usavo per palleggiare coi piedi, come le palline da tennis».


Ricorda la sua prima partita di calcio?

«Non ricordo nemmeno cosa ho fatto tre settimane fa».

Com’è stato andare via di casa così piccolo?

«Molto difficile. Non sono stati momenti belli. Il giorno in cui avrò figli, non consiglierò loro di fare la mia stessa scelta. Però se oggi sono dove sono è anche grazie a quel percorso cominciato in salita».

Quanti figli le piacerebbe avere?

«Due o tre».

Che lavoro avrebbe voluto fare se non avesse fatto il calciatore?

«Il tennista. O forse il modello».

Ha raccontato di aver attraversato un periodo difficile durante il Covid. È importante per un uomo raccontare le proprie fragilità?

«Non è stato facile. Ho deciso di esternare quello che sentivo in quel periodo come segno di vicinanza alle tante persone che potevano rivedersi in me. È un fatto di condivisione».

Lei ha segnato il gol più bello del Mondiale 2018, contro l’Argentina. È vero che ha passato l’intera notte della partita a guardare video di quel gol?

«Sui social network la clip era ovunque, era difficile non vederlo. Vado fiero di quel gol, perché ha rimesso in partita la Francia. Quello che mi interessa è vincere».

Chi è il suo idolo nel calcio?

«Il primo è stato Zidane, quando ancora giovavo a centrocampo. Fra i difensori, dico Sergio Ramos».

Come arriva la Francia all’Europeo?

«Sappiamo di essere fra i favoriti. Abbiamo una rosa molto forte e un grande allenatore, che conosciamo bene. Non dobbiamo metterci troppa pressione, abbiamo già giocato in grandi competizioni, imparando dai momenti belli e da quelli difficili. Ora devo fare bene le ultime gare con l’Inter, sperando di essere convocato da Deschamps».

E l’Italia?

«Non va sottovalutata. Spalletti è bravissimo, ha fatto molto bene a Napoli e ha grandi calciatori. Alcuni giocano con me all’Inter».

Qual è il suo sogno come giocatore?

«Il mio sogno era diventare professionista, e l’ho superato molto presto. Ho vinto tanto, ma nel mio armadio i trofei non sono ancora abbastanza. Ora voglio vincere l’Europeo».

Come immagina la vita dopo il ritiro?

«Non so in che ruolo, ma continuerò nel calcio. Al Lille, nei giorni di riposo, andavo a vedere i miei amici giocare in squadre di dilettanti. A casa guardo partite di terza e quarta divisione e studio tutte le classifiche. Vittorie e fama non mi hanno cambiato. Non dimentico da dove vengo e come sono stato educato. Provo ad essere il più semplice possibile».


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