Si sa, il movimento calcistico italiano non è noto per la sua pazienza. Storie come quella di Ferguson al Manchester United, tanto per fare un esempio, saranno simili a vere e proprie chimere per noi, abituati a vivere il calcio con il sangue caldo e con una pressione che solo noi sappiamo infonderci. L'ultima vittima di questo frenetico modo di pensare è Frank de Boer, che ha dato l'addio all'Inter dopo nemmeno tre mesi senza mai una parola fuori posto e senza nemmeno il tempo di imparare l'italiano. Come scritto dal giornalista del Corriere della Sera, Tommaso Pelizzari, ci sono varie vittime di questo periodo difficile. Primo fra tutti l'equilibrio: "Quanto capitato a de Boer - scrive - ricorda da vicino (ma in modo molto più esasperato) la vicenda di Luis Enrique, allenatore della Roma nella stagione 2011-2012, al termine della quale ha lasciato tra ironie e scetticismo. Di cui è sparita ogni traccia dopo il triplete col Barcellona nel maggio 2015. Anche Frank De Boer viene da quella scuola. Anche lui, prima o poi, a quella scuola tornerà. E dimostrerà di essere molto meglio di come l'Italia lo ha giudicato. Senza troppo equilibrio, cioè quello che gli è stato rinfacciato (anche a ragione) per quanto visto sul campo".
ultimora
CorSera – De Boer irriso come Luis Enrique. Uno grave l’errore di Thohir. L’italiano…
Il giornalista del Corriere della Sera ha criticato la società e il movimento italiano come hanno trattato l'allenatore olandese
Una stagione, quella interista, nata fra mille difficoltà (vedi vicenda Mancini) e proseguita peggio, tra scelte di mercato impulsive e, a quanto pare, non proprio in sintonia col nuovo allenatore (vedi Gabigol). Risultato: una squadra in evidenti condizioni fisiche precarie e non all'altezza delle aspettative di una società che sì ha speso tanto, ma che non ha saputo dare fin qui una struttura solida e organica. Scelte "senza logica", figlie anche della mancanza di serenità di giudizio e di buonsenso: "Non si riesce a capire perché a De Boer sia stata ossessivamente rinfacciata la sua diversa nazionalità, cosa che (giustamente) nessuno si è sognato di far pesare alla Fiorentina per Paulo Sousa o alla Roma per Rudi Garcia. Addirittura, c'è stato chi si è chiesto chi fosse «questo De Boer per venire qui a insegnare il calcio a noi», senza che il povero FdB abbia mai pronunciato una frase del genere. O chi invocava ossessivamente per l'Inter un allenatore italiano. Come se, per esempio, con Mancini l’anno scorso si fosse visto un calcio bello ed efficace. O come se, Gian Piero Gasperini, quando stava sulla panchina dell'Inter non fosse stato trattato come una specie di demente".
O ancora, scrive Pelizzari: "Facile sbertucciare un tecnico che viene da un Paese dal quale deriva tutto il calcio che si gioca oggi nel mondo, ma pazienza. Forse però è stato proprio questo a suscitare il terrificante livore di cui De Boer è stato vittima da quando si è seduto sulla panchina dell'Inter (dal che si deduce che l'errore di Thohir non sia stato tanto di sceglierlo, quanto di non essere stato in grado di proteggerlo). E così c'è stato anche chi (su un giornale teoricamente di sinistra e politicamente corretto) si è divertito a spiegare il momento dell'Inter attraverso Lombroso: «Le sopracciglia costantemente corrucciate, gli occhi incrociati, la bocca semiaperta: quell’espressione un po’ intontita di chi vorrebbe dire qualcosa di intelligente, ma non ha capito la domanda». E parliamo di uno che in un mese è stato in grado di fare interviste in italiano. Anche qui: quando un suo collega italiano farà altrettanto in olandese, scatterà il giusto applauso".
© RIPRODUZIONE RISERVATA