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Pellizzari (CDS): “L’Inter prenda esempio dal Man Utd e non ritiri la maglia num 4”

Alessandro De Felice

Tommaso Pellizzari, giornalista del Corriere della Sera, ha detto la sua circa il ritiro dal calcio giocato di Javier Zanetti, invitando l’Inter però a non ritirare la maglia del campione argentino, per sperare nell’arrivo in futuro...

Tommaso Pellizzari, giornalista del Corriere della Sera, ha detto la sua circa il ritiro dal calcio giocato di Javier Zanetti, invitando l'Inter però a non ritirare la maglia del campione argentino, per sperare nell'arrivo in futuro di una nuova leggenda. Ecco quanto scritto: "Javier Zanetti arriva in Italia nel 1995, anno in cui sparisce l’obbligo di dare ai giocatori i numeri dall’1 all’11 e ognuno può scegliere quello che vuole. È un ventiduenne sconosciuto, che fa il laterale destro ma il numero 2 è proprietà assoluta dello Zio Bergomi fin dagli anni 80. Zanetti prende dunque il 4, che assumerà un senso molto più tardi, con la trasformazione del «Tractor» in centrocampista centrale a opera di Mancini (e dell’arrivo di Maicon nerazzurro), poi perfezionato da Mourinho. Anche perché in precedenza Zanetti aveva dovuto parecchie volte riciclarsi a laterale difensivo sinistro, negli anni in cui l’Inter sembrava specializzata nel trovare ogni anno sul mercato il peggiore al mondo in quel ruolo. Riassumendo: un 2 (fra i più puri che si fossero mai visti) che giocava spesso da 3 con la maglia numero 4. Se preferite: 4 si può diventare, non essendovi necessariamente nati. Ma non è per questo che Zanetti, alla vigilia del suo addio al calcio, dovrebbe chiedere esplicitamente che il suo numero 4 non venga ritirato per sempre dall’Inter. Per come l’ha interpretato, sia dal punto di vista della versatilità tattica che da quello della passione che ci ha messo, è ovvio che se lo meriterebbe. Dell’Inter morattiana, Zanetti non è stato soltanto il cuore (che andrebbe condiviso almeno con Cambiasso, l’uomo che festeggiò gli scudetti indossando la maglia di Giacinto Facchetti): di questo ventennio nerazzurro, Javier è stato anche e soprattutto la coscia. E non solo perché se la gioca solo con Rummenigge per circonferenza muscolare. Quella di Zanetti è stata la gamba oltre la quale non si riusciva a passare e che quando partiva in dribbling o sulla fascia non si riusciva a riprendere. Però: quanti bambini, guardandolo saltare un avversario via l’altro, o esaltandosi per un suo recupero difensivo, non hanno sognato (o stanno sognando) di diventare un giorno come lui, con tanto di 4 sulle spalle? E perché l’Inter (o qualsiasi altra squadra) dovrebbe privarsi della bellezza di poter vedere ogni maglia come un testimone, che passa da un grande campione all’altro? L’Inter è l’8 di Mazzola e Thiago Motta, il 10 di Suarez, Matthäus e Sneijder o il 9 di Boninsegna, Ramon Diaz ed Eto’o. È giusto che la grande tradizione del numero 4 che fu di Oriali e Matteoli si fermi con Zanetti, per quanto gigantesca sia stata la sua parabola? La risposta a questa domanda sta 1200 km a nord di Milano, e precisamente a Manchester. Dove negli ultimi 40 anni lo United ha costruito un bel pezzo della sua leggenda proprio grazie a un numero di maglia: quel 7 passato da George Best a Eric Cantona, David Beckham e Cristiano Ronaldo. Quattro calciatori la cui storia avrebbe potuto tranquillamente, ogni volta, legittimare il ritiro della maglia. Così non è stato. Perché, prima o poi, spunterà un altro 7 a perpetuare la leggenda. Sarebbe un peccato se ad accoglierlo non ci fosse la maglia col numero giusto.