- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
ultimora
Peruzzi: “Inter, non c’è differenza tra Inzaghi e Conte. Tanti parlano per…”
Angelo Peruzzi racconta Simone Inzaghi. Dopo aver trascorso insieme dodici anni alla Lazio, l'ex portiere ha parlato in esclusiva al Corriere dello Sport dell'attuale allenatore dell'Inter. Ecco le sue dichiarazioni principali: "Io, Giocondo il cuoco e Walter il magazziniere eravamo l’interruttore che per due o tre ore riusciva a smorzare la tensione di Simone. Prima della partita lui non dormiva mai, non ce la faceva proprio. La nostra tecnica, sempre la stessa, la partita a carte. Ridendo e scherzando, facevamo sì che non pensasse al giorno dopo, agli avversari, ai cali di rendimento dei suoi, alla formazione. Mi chiedi com’era allora e com’è adesso Simone? È un’altra persona, per me l’hanno cambiato".
In che senso?
«È l’esatto contrario del giocatore. Se mi avessero chiesto di indicare uno che non avrebbe mai potuto fare l’allenatore, avrei risposto di getto Simone. Era un ragazzino, viveva alla giornata, rideva, scherzava, era tutto uno scherzo. Si è fatto uomo, ora è maturo, responsabile, cocciuto anche. Un tecnico di prim’ordine, studia giorno dopo giorno, cura i dettagli, ed è un decisionista. Un giorno gli dissi: “Simo, se vuoi diventare un grande allenatore devi fare attenzione anche alle cazzate e avere una risposta definitiva per qualsiasi domanda. Sì o no, incerto mai, non devi prendere tempo, vediamo più avanti o cose del genere”. Io l’allenatore non l’ho fatto perché la notte voglio dormire, troppe responsabilità, un carico insopportabile di tensioni, pressioni da tutte le parti. Per un po’ ho fatto il vice di Ferrara a Genova e nell’Under 21, l’osservatore e poi il secondo di Lippi in Nazionale, ma non era cosa. Il ruolo dell’osservatore lo trovavo innaturale».
Addirittura.
«Partite dove non tiravano mai in porta e dopo mezz’ora mi veniva voglia di mandare tutti affanculo e lasciare lo stadio. E invece mi toccava prendere appunti, riempire fogli. Di nulla, mi mancava il divertimento».
Torniamo a Simone.
«Tosto e consapevole. Mai avrei pensato di vederlo attaccare al muro qualcuno nello spogliatoio, e invece è capitato. Sa essere dolce con i giocatori, ma anche autorevole e autoritario. La trasformazione più sconcertante avviene in partita. Lui vive per il risultato, per la vittoria. Credimi, è talmente teso e su di giri che sarebbe perfino capace di fare a botte. Hai presente Salvatore Bagni? Fuori dal campo un uomo di cuore, sempre pronto a farsi in quattro per darti una mano, ma in partita avevi soltanto voglia di attaccarlo al muro. Un genere alla Bagni».
Anche tu non eri esattamente un tipo tranquillo: si parlò a lungo di uno scontro fisico con Mancini quando allenava la Lazio.
«Non ci siamo nemmeno sfiorati, eravamo incazzati, questo sì, per due o tre mesi non gli rivolsi la parola. Aveva portato un altro portiere, Sereni, e l’aveva fatto giocare al posto mio. In seguito ci aggiustammo. Roberto è un grande, non porta rancore, in ventiquattr’ore passa tutto ed è come se nulla fosse successo. Io sono più permaloso, dimentico con fatica».
Sei stato un solo anno all’Inter e perdippiù poco fortunato.
«Se non si fossero rotti Vieri e Ronaldo quel campionato l’avremmo vinto. Eravamo partiti benissimo, se non sbaglio cinque vittorie nelle prime cinque partite. Vieri restò fuori due mesi e mezzo. Avevamo Zamorano e Recoba, niente male, ma non era la stessa cosa».
Mi sembra di capire che tra Conte e Inzaghi non trovi che ci siano differenze sul piano del temperamento e dei metodi. Se è vero, smonti numerose teorie sull’ossessività come valore inimitabile di Antonio.
«Di Simone molti, troppi parlano per sentito dire, senza conoscerlo. Nel calcio tanti fanno solo del cinema. Hanno certamente caratteri e percorsi differenti, lui e Conte, ma a Simone non manca il temperamento del vincente. Questa Inter ha tutto per ripetersi, Conte o Simone non fa differenza».
© RIPRODUZIONE RISERVATA