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Il cantautore Max Pezzali, ex 883 e noto tifoso nerazzurro, dalle pagine de La Gazzetta dello Sport ha parlato della stagione dell'Inter e delle sue speranze future:
Oggi esce il suo nuovo album «Le canzoni alla radio». Ci sono dei riferimenti anche all’epoca in cui il calcio si ascoltava più che vedeva?
"Ovvio. C’è una canzone intitolata “Weekend” sui tempi in cui in provincia gli uomini alla domenica dovevano portare le mogli a fare lo “struscio” in centro ma avevano la radiolina con auricolare collegata a “Tutto il calcio minuto per minuto”. Era un calcio non visto ma immaginato, meno consapevole".
Ora come segue l’Inter?
"Da solo, senza distrazioni, per convogliare tutte le energie sui ragazzi. Sono abbastanza scaramantico. Tengo l’amo hawaiano che ciondola dalla collana stretto tra i denti e le dita incrociate nei momenti chiave. Un lavoraccio, ma fa parte dell’interismo, del credere di poter determinare le vittorie con certi gesti. Nell’anno del Triplete avevo una chitarra blu metallico usata, comprata da un amico, con battipenna nero. La tenevo sulle gambe durante una vittoria e da lì è sempre stata al mio fianco. Il terrore però mi ha preso quando sono andato a Madrid per la finale e non potevo portarmela dietro. Temevo che crollasse tutto, invece...".
Si aspettava un’Inter là in alto?
"No, non credevo che potesse fare così presto e così bene. Pensavo che scegliendo un allenatore come Spalletti l’idea fosse di costruire nel medio termine per essere competitivi tra un anno. Con la sua grandissima capacità di interpretare il calcio però ha avuto il merito di ridare vita sportiva a giocatori che non sapevano di averla. Quando vedi San Siro che inneggia a Nagatomo capisci che il mondo si è capovolto. Spalletti insegna calcio, ma a persone capaci di ascoltare e di sacrificarsi".
È l’Inter la rivelazione?
"È la squadra più miracolosa della Serie A. Alla pari con la Lazio, che è una gioiosa macchina da guerra perché Inzaghi è riuscito a mettere i suoi nelle condizioni di non sentirsi senza troppe pressioni ma al contempo con la grande voglia di ribaltare i pronostici che li davano in seconda fascia".
Chi è il giocatore simbolo?
"Ho visto tutti con una carica diversa, però direi Borja Valero: fa, briga, si sacrifica. Poi non è che venga tutto bene, ma c’è sempre. E Skriniar? Continuo a chiedermi dove sono vissuto per non avere capito che avevamo in casa il nuovo Samuel. In questo momento abbiamo un grande allenatore e una vera squadra, che è molto più importante che mettere insieme dei campioni".
Dove può arrivare l’Inter?
"L’interismo esistenzialista vede qualsiasi cosa per il futuro, anche il baratro. Mentre l’interismo ottimista ci vede nelle prime quattro, che farebbe tutta la differenza del mondo".
E il Milan?
"Noi ci siamo avvicinati a loro vincendo la Champions e capendo un po’ del loro mondo. Loro stanno capendo il nostro vedendo che se metti insieme delle figurine non sempre ne esce una squadra. Vedendo che se prendi undici giocatori da 10 poi non è automatico che arrivi a 110. Puoi anche fermarti a 30. Spesso servono più gli uomini giusti più del talento. Il Milan tira su di morale, crea empatia. In questo momento i milanisti mi sono molto simpatici".
L’Inter in compenso è simpatica ai propri tifosi. Come commenta la media di 60mila spettatori?
"Incredibile. E c’è ancora qualcuno che sottolinea il fatto che alcuni interisti sono troppo critici... I tifosi hanno dimostrato che se vedono la squadra che si impegna, sono solo cori e applausi".
Cosa pensa dell’eliminazione dell’Italia dal Mondiale?
"È il fallimento di un progetto tecnico, anche perché di tecnico non si è visto nulla. Speriamo che arrivi Ancelotti, ma lui da solo non può bastare".
Chi saranno le prime 4 della A?
"Napoli, Juve, Roma e Inter".
(Fonte: Luca Taidelli, La Gazzetta dello Sport 17/11/17)
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