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PLATINI E BLATTER, LA DIFESA DIVENTA ARDUA. LE ACCUSE DIVENTANO PESANTI PERCHÈ…

Lorenzo Roca

Ecco il giorno del secondo giudizio per Michel Platini e Joseph Blatter. Il presidente dell’Uefa andrà alla sbarra oggi a Zurigo e stavolta, a differenza di quanto accaduto nel processo di primo grado chiuso con una squalifica a 8 anni, si...

Ecco il giorno del secondo giudizio per Michel Platini e Joseph Blatter. Il presidente dell’Uefa andrà alla sbarra oggi a Zurigo e stavolta, a differenza di quanto accaduto nel processo di primo grado chiuso con una squalifica a 8 anni, si presenterà davanti alla Commissione d’appello. Non troverà più il giudice tedesco Hans-Joachim Eckert. A decidere sarà Larry Mussenden, presidente della Federcalcio delle Bermuda. Domani toccherà a Blatter. La sentenza è attesa entro venerdì. In primo grado, la Camera arbitrale del comitato etico non fu indulgente con i due, finiti sotto processo per il pagamento di 2 milioni di franchi svizzeri effettuato nel febbraio 2011 da Blatter a Platini. Entrambi hanno sempre sostenuto che si trattava del saldo di una consulenza svolta tra il 1999 e il 2002, quando Platini lavorò come direttore tecnico per la Federcalcio mondiale. Il Comitato etico però non gli ha creduto. Il giudice Eckert, è stato — paradossalmente — piuttosto garantista: non è riuscito a provare la corruzione e non ha accolto la richiesta di squalifica a vita avanzata del procuratore Vanessa Allard. Li ha condannati per «abuso di posizione, conflitto d’interessi e gestione sleale». Emerge, però, un particolare nuovo nel caso. Platini e Blatter hanno sostenuto che quei soldi erano dovuti, in base a un accordo orale che prevedeva il pagamento di 1 milione l’anno. Risulta un accordo scritto, ma solo per 300 mila. Su che basi allora Blatter ha elargito 2 milioni all’ex campione nel 2011? Per i giudici non poteva. I due non sono riusciti a produrre un solo testimone che fosse a conoscenza dell’accordo da 1 milione e non da 300 mila franchi. La difesa di Blatter e Platini è crollata davanti ai documenti. (Corriere della Sera)