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Premio Facchetti, Donadoni: “Un orgoglio. Se ho fatto quello che ho fatto a Parma…”

Dario Di Noi

In questa mattina di novembre, la Gazzetta dello Sport ha indetto la cerimonia di premiazione del X Premio internazionale “Il bello del calcio”, in memoria della leggenda nerazzurra Giacinto Facchetti. Quest’anno, la rosea ha...

In questa mattina di novembre, la Gazzetta dello Sport ha indetto la cerimonia di premiazione del X Premio internazionale "Il bello del calcio", in memoria della leggenda nerazzurra Giacinto Facchetti. Quest'anno, la rosea ha voluto premiare Roberto Donadoni, per la sua carriera con la maglia del Milan, per quanto fatto sulla panchina del Parma e per il suo ritorno alla guida di una panchina di A, quella del Bologna.

Alla premiazione, aperta con un minuto di silenzio in ricordo delle vittime della strage di Parigi, è accorso Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto: "In una giornata come questa la Gazzetta ha fatto uno sforzo doppio per ricordare papà. Il premio possiamo ribattezzarlo 'Il bello e il giusto del calcio', perchè mi sembrava un'ingiustizia vedere Donadoni senza una panchina".

Alla consegna del premio, queste le parole di Donadoni: "E' motivo di orgoglio per me essere qui. Se ho fatto quello che ho fatto con il Parma è per amore del mio lavoro. Ci va il mio nome su questo premio ma è il lavoro di tante persone che ci hanno messo passione. E' per il popolo di Parma che mi sono sentito di fare quello che ho fatto a Parma".

Successivamente, lo stesso Roberto Donadoni ha risposto sul palco alle domande di Luigi Garlando: "Cos'era per me il dribbling? Era un modo per esprimermi. Io ero quello più bravino a scuola e spesso mi costringevano a non fare gol. Dovevo giocare senza poter segnare e allora per divertirmi facevo i dribbling. Io ho fatto sempre pochi gol, ma mettere gli altri in condizione di fare gol mi è piaciuto tanto. Da ragazzino avevo un sogno, riuscire a fare bene nel calcio, il mio idolo era Rivera e scimmiottavo le gesta di giocatori che meritavano di essere emulati. Sono sempre stato tifoso del Milan e da giocatore ho potuto scegliere tra Juve e Milan. Ma tifavo rossonero e per me è stato un privilegio poter scegliere tra questi due club. Io CT? Essere CT è il massimo per un allenatore. Sono stati due anni difficili, quando sono arrivato venivo dopo Lippi che aveva vinto il Mondiale era una sfida difficile, ma l'ho affrontata con umiltà e combattività, penso di aver fatto la mia dignitosa figura. E ho imparato tanto in quei due anni, ne vado fiero. Cos'ho detto ai giocatori del mio Parma prima di battere Juve e Inter? Ho cercato di far capire loro che giocare tutte le partite fino in fondo era l'unica strada possibile. Ci va il mio nome sul premio Facchetti, ma è un lavoro importantissimo fatto dietro le quinte. La cosa più facile sarebbe stata scappare ma sarebbe stato da vigliacchi. Bologna? Facile fino a quando un giocatore avversario si mangia un gol sullo 0-0. Un po' di fortuna. L'inizio è stato ottimo e la squadra gode di buona salute. Adesso bisogna lavorare sulla testa vista la classifica difficile"