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Pres. Porto: “Dell’Inter temo il collettivo. Il calcio italiano è cambiato. Inzaghi…”

Gianni Pampinella

Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Jorge Nuno Pinto da Costa ha parlato della gara di domani contro l'Inter

Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Jorge Nuno Pinto da Costa, a capo del Porto dall’aprile 1982, ha parlato della gara di domani contro l'Inter e di come il calcio italiano è cambiato nel corso del tempo. "Il sentimento di vendetta non esiste nel calcio. Loro cercheranno di fare il massimo. Però per noi sarà esattamente lo stesso...".

Ora il tentativo di rimonta sull’Inter, ma lei ha fatto piangere spesso il calcio italiano: a quale sfida ai nostri club è più legato?

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«Nel calcio non ci sono vie di mezzo, solo il successo dà felicità. Le partite contro le italiane, però, sono sempre entusiasmanti perché molto competitive e incerte: anche questi ottavi non sono da meno. Abbiamo vinto e perso, ma ciò che conta è che continueremo a sfidarvi ancora in Europa perché siamo ambiziosi, proprio come voi. Se devo scegliere una sfida, dico la prima, quando non ero ancora presidente, ma d.g.: Coppa Campioni 1979-80, 1-0 a San Siro contro il Milan, gol di Duda».

Come valuta la differenza tra il modello Porto e questa Inter, la cui proprietà non italiana ha bloccato gli investimenti?

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«Il nostro caso è molto diverso da quello dell’Inter e del calcio italiano in generale. Il Porto è dei soci, è organizzato per stare al sicuro da qualsiasi investitore. Ogni Paese ha il suo modello: non dico che uno sia migliore o peggiore, ma il nostro si baserà sempre su questa appartenenza. Per il resto, i giocatori sanno che qui ci sono condizioni perfette per migliorare: li scegliamo in base a certe qualità e abbiamo pazienza».

All’inizio del suo mandato il calcio italiano era dominante, adesso lo è decisamente meno: come spiega questo declino?

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«Sì, è vero: quando sono diventato presidente, il calcio italiano era il più solido del mondo. Il sistema ha beneficiato anche di presidenti come Berlusconi, Moratti, Agnelli, ma ora quel potere si è trasferito in Inghilterra e i vostri club hanno perso rilevanza, anche perché non sono più gestiti da persone con l’esperienza dei nomi che ho citato. Eppure siete sempre tra i migliori e non è mai facile affrontarvi, come dimostra l’Inter. Ma in questi 41 anni di presidenza, il più grande orgoglio è che abbiamo mantenuto sempre competitività in Europa».

Sergio Conceiçao le ha mai parlato del suo amico Inzaghi?

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«Sì, il periodo in Italia è stato molto formativo per Sergio. Non conosco a fondo il lavoro di Inzaghi, ma per allenare uno dei club più grandi d’Europa bisogna avere qualità. Più che il tecnico e i singoli, io dell’Inter temo il collettivo».

Prima o poi vedremo Sergio in Italia, magari all’Inter?

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«Ha competenza e passione per il suo lavoro. È uno dei migliori allenatori del calcio europeo: non lo dico io, ma i risultati. Ha le qualità per lavorare ovunque, ma si trova già nel club giusto e spero che ci rimanga...».

Un anello di collegamento tra Porto e Inter si chiama José: come vede il Mourinho romano?

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«Non mi sorprende affatto il suo successo: è ai vertici da più di due decenni e dopo la Roma arriveranno per lui altre grandi sfide e altri grandi club, perché è semplicemente un predestinato».

(Gazzetta dello Sport)