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Intervenuto ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, Roberto Civitarese, mental coach, ha affrontato il tema psicologico nel calcio:
“In Italia, c’è ancora qualche scettico, che sottovaluta la cura dell’aspetto mentale. Pioli e Ibra non l’hanno mai fatto. E guardate dove sono arrivati…”.
Le critiche ai giocatori sono sempre esistite. I social network, però, hanno contribuito ad “avvicinarle” ai diretti interessati.
“E’ vero, però la sostanza non cambia. Le critiche rappresentano un’informazione: il calciatore la recepisce ed elabora una reazione, che dipende soltanto da lui. Non possiamo scegliere quali informazioni ricevere, ma possiamo decidere come agire di conseguenza”.
Radu, protagonista con una papera all’esordio con la Cremonese, sta patendo i tanti sfottò per l’errore di Bologna con l’Inter?
“Per rispondere, bisognerebbe essere nella sua testa. La Cremonese domenica ha perso un punto. Se avesse pareggiato, però, sarebbe stato merito delle parate di Ionut. E’ da lì che bisogna ripartire, ponendosi un obiettivo. Sono un portiere? Punto a chiudere la stagione con 10 clean sheet, dimostrando a me stesso che gli altri si sbagliavano. Alvini non può dire che l’errore è stato cancellato. In realtà, serve affrontarlo”.
Quanti calciatori, in queste situazioni, si affidano a un mental coach?
“In Italia, per alcuni, questo tema rappresenta ancora un tabù: ho assistito giocatori che mi chiedevano di non diffondere la voce che lavorassi con loro, altri che mi dicevano che i dirigenti delle loro squadre reputavano inutile il mio intervento. Così come un atleta cura i muscoli, la tecnica e l’alimentazione, è giusto che si dedichi anche alla sua testa. E’ il caso di De Silvestri: anche dopo aver acquisito con me le abilità che gli servivano, ha scelto di proseguire questo percorso”
Le squadre di Serie A mettono un mental coach a disposizione dei loro giocatori?
“Che io sappia, no. Sarebbe più utile, però, ingaggiare un professionista che aiuti i ragazzi del settore giovanile, per far sì che, mentre migliorano tatticamente e tecnicamente, sviluppino anche la giusta mentalità. Oggi si parla dei giovani italiani che non sono pronti per i grandi palcoscenici. Per quale motivo abbiamo così tanti talenti puri, ma nessuno riesce a esplodere?”.
Gli allenatori, sotto questo punto di vista, possono giocare un ruolo fondamentale.
“Assolutamente sì. Guardate Pioli: ai tempi del Chievo, ha lavorato con un mental coach e ne ha acquisito le tecniche. Oggi è il numero uno in Italia, per capacità di far rendere i suoi uomini al top. Dalle frasi motivazionali al dialogo con i singoli, Stefano è un maestro. Ha fatto per anni un lavoro pazzesco, alla fine ha vinto lo scudetto. Anche Nicola e Sottil sono bravi, per non parlare di Mourinho. Le squadre di José rispecchiano la sua personalità”.
Il Milan di Pioli, però, deve ringraziare anche Ibra.
“Zlatan è perfetto e la sua mentalità è diventato un punto di riferimento per i compagni. Da anni, gli dicono che non ha mai conquistato la Champions o il Pallone d’Oro. Lui risponde di avere sempre vinto lo scudetto, di aver fatto parlare il campo e non i premi, assegnati in base alle scelte di una giuria. Si sente il più forte, fissa una meta e la raggiunge. Non ha soltanto sviluppato questo modello di pensiero, ma lo ha trasmesso agli altri”.
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